Rieti, soldi alle coop dei rifugiati:
cinque reatini a processo
Tre profughi parti civili

Rieti, soldi alle coop dei rifugiati: cinque reatini a processo Tre profughi parti civili
di Massimo Cavoli
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Giovedì 18 Maggio 2017, 07:47 - Ultimo aggiornamento: 13:10
RIETI - Ad animare il processo c’è una delle questioni attualmente più dibattute in Italia, quella dei soldi destinati all’assistenza degli immigrati, un business per società e organizzazioni, a volte sospettate di utilizzare i fondi per altri scopi. Come è avvenuto nel caso della Te.Sa, un consorzio di cooperative reatine, per i cui soci è iniziata ieri l’udienza preliminare che dovrà decidere sul loro rinvio a giudizio, chiesto dal pm Rocco Maruotti, per diversi reati che vanno dall’associazione a delinquere alla truffa ai danni dello Stato, alla malversazione, fino alla subornazione e all’estorsione.

GLI IMPUTATI
Assenti i cinque imputati (Enzo Santilli, i figli Sergio e Adelaide, Francesco Pennese che presiedeva Te.Sa. e Maurizio Amedei, per un periodo rappresentante del consorzio), il gup Francesca Ciranna ha ammesso la costituzione di parte civile chiesta dall’avvocatessa Monica Mariantoni per tre rifugiati quali vittime della contestata truffa aggravata - respingendo l’eccezione di inammissibilità sollevata dai difensori («E’un reato contro la pubblica amministrazione e non contro i privati») di Enzo Santilli, considerato il gestore di fatto della Te.Sa., e dei coimputati – motivando la decisione con il fatto che «le condotte contestate agli indagati non escludono la possibilità che da esse possano essere derivati disservizi agli emigrati».

TRE RIFUGIATI PARTI CIVILI
Archiviato questo aspetto, la Ciranna ha rinviato la conclusione dell’udienza a giugno, quando toccherà alla difesa (avvocati Alberto Patarini, Simona Pettine, Roberta Spoletini e Riziero Angeletti) replicare alla richiesta di processo avanzata dalla procura. Gli elementi che compongono l’accusa sono stati raccolti durante le indagini della Finanza, iniziate sulla base delle denunce presentate da alcuni immigrati, le cui dichiarazioni hanno acquisito il valore di prova processuale dopo un incidente probatorio disposto nel 2013 dal gip Andrea Fanelli.

L'ACCUSA
Secondo gli atti, a fronte di un milione e 700mila euro ottenuto dallo Stato, almeno la metà sarebbe stata utiizzata dalla Te.Sa. per attività diverse, quali l’acquisto di generi alimentari di eccellenza (filetti di orata, salse tartufate e ai funghi, mazzancolle, olio extravergine, seppie, scampi) destinati non ai rifugiati, ai quali sarebbe stato dato cibo di bassa qualità, ma ad un’attività di catering gestita dalle coop del consorzio dentro il convento di Sant’Antonio al Monte, il cui ex priore Maurizio Amedei figura tra gli imputati ma ha sempre sostenuto di essere estraneo agli illeciti.
 
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