RIETI - Peones che osservano con aria smarrita le pareti con gli stucchi di Cesare Bazzani e le tempere di Antonino Calcagnadoro, dinosauri della Prima Repubblica che cannibalizzano subito gli ordini del giorno, l’armata arcobaleno degli attivisti di T’immgini che per tutta la durata dei lavori tiene sotto tiro visivo l’assessore alla Cultura Letizia Rosati, sperando in un suo siluramento entro la giornata e applaudendo ad ogni richiesta di revoca: suona la prima campanella dell’era di Daniele Sinibaldi e in aula consiliare le temperature sono già da bollino rosso, ma non soltanto quello meteorologico.
Il primo consiglio. Sono appena le dieci di mattina ma serve mettersi subito al lavoro, c’è da finire di costruire il consiglio comunale, anche se dal bagno di petali e proteste che ha accolto Rosati sotto i portici del Comune non sembra profilarsi una passeggiata di salute. La minoranza ha nostalgia degli ultimi cinque anni d’assenza e si presenta in aula soltanto alla seconda chiamata, si surrogano i consiglieri, si elegge il presidente del consiglio (sì, ma che fatica arrivare fino alla maggioranza semplice) e i due vice, Sinibaldi indossa la fascia tricolore e giura, si prendono le misure con gli sguardi da un banco all’altro.
Nell’aria volano ancora come scintille i malumori per le esclusioni e per l’asso pigliatutto di Fratelli d’Italia fra gli incarichi conferiti in giunta: «E’ una giunta figlia più dell’appartenenza che della competenza – ironizza Carlo Ubertini, Psi - Nell’ambito delle appartenenze, mi sembra un’amministrazione che denuncia un monocolore mascherato da giunta Mameli». E infatti, quando finalmente si siede al banco dei consiglieri comunali, nel posto che fu di Roberto Donati e Letizia Rosati, l’espressione del non riconfermato assessore all’Urbanistica e ai Lavori Pubblici Antonio è indescrivibile, un misto tra rabbia e disillusione. Il tono è calmo ma le parole «sullo strappo che si è voluto consumare» sono infuocate e speculari a quelle dell’intervista rilasciata a Il Messaggero una settimana fa, con un’aggiunta sibillina in riferimento ai progetti urbanistici che lascia incompiuti: «Ci sono anche altri affari. Vedremo se a prevalere saranno gli interessi particolari o il bene pubblico».
Maurizio Vassallo (Rieti Città Futura), tornato dopo cinque anni d’astinenza pubblica, suona la sveglia all’opposizione e ne approfitta per rigirare il coltello nella piaga con l’unica analisi politica della giornata: «Rieti non è una città di destra.
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