Terremoto, «Vale affrontare
la ricostruzione se la burocrazia non
paralizza la buona volontà di tutti»
Il messaggio del vescovo Pompili

Il vescovo Domenico Pompili durante la messa ad Amatrice
di Alessandra Lancia
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Venerdì 24 Agosto 2018, 12:15 - Ultimo aggiornamento: 12:36
RIETI - «Potranno queste macerie rivivere?», si chiede don Domenico con le parole profetiche di Ezechiele, nell’omelia della messa in suffragio dei morti del terremoto del 24 agosto 2016. E soprattutto «ne vale la pena?». Ascoltano in centinaia sotto il tendone adibito a chiesa, le famiglie con i bimbi sulle ginocchia, gli anziani, i volontari tornati per l’occasione da tutta Italia.

«Crediamo o no alla rigenerazione di questa terra, simbolo di un Parse che va in frantumi?», incalza il vescovo citando il disastro di Genova, i morti del Pollino. «Il mondo è fragile e l’uomo ancora di più. Ci resta lo spirito, e ci resta Dio che riconcilia spirito e materia. Allora vale la pena di restare o di tornare, se ritroviamo lo spirito di queste terre, che è quello di tanti piccoli borghi dell’Appennino abbandonati per ragioni sociali ed economiche. Vale la pena affrontare la ricostruzione se la burocrazia non paralizza la buona volontà dei singoli e delle istituzioni. Vale la pena ricostruire se si rompe l’isolamento di queste terre. Allora sì, lo sguardo si potrà allargare, e vedere non più macerie ma gru».

L’omelia si chiude con la citazione della pagina di diario di una giovanissima, restituita dalle macerie. Aspetta il giorno dopo per rivedere un ragazzo: «Domani ad Amatrice sarà una grande giornata, ci saranno tutti e lo rivedrò. Chissà se gli piacerò ancora». «Ecco - dice Pompili - quell’attesa è vera anche per noi. Perché domani, non oggi sapremo se al netto delle cose fatte e delle tante che restano da fare avremo conservato lo spirito e potremo dire sì, ne é valsa la pena». E l’assemblea si scioglie in un applauso.
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