Di Maio, no alla Tap per placare la base dopo l'allarme Puglia

Di Maio, no alla Tap per placare la base dopo l'allarme Puglia
di Mario Ajello
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Lunedì 10 Settembre 2018, 09:53

No Tap, no future. Se s'imponesse questa ideologia arci-italiana, a perderci sarebbe l'Italia. Il dramma è che il gasdotto pugliese che si vuole bloccare - «M5S era ed è per il no», è la sfida lancoata ieri parlando a Bari da Luigi Di Maio per uscire dall'angolo aprendo un nuovo fronte di battaglia con Matteo Salvini - è diventato il feticcio propagandistico che la principale forza di governo ha deciso di maneggiare. E proprio nella terra che gli ha dato più voti il 4 marzo e oggi gli sta dando più problemi.

«I miei non li tengo più», ha detto del resto Di Maio a Salvini, nel momento caldo della buriana giudiziaria dell'altro giorno, mentre cominciava a infuriare anche la rivolta dei grillini pugliesi sull'Ilva - condivisa in gran parte del movimento nel resto d'Italia - i quali accusano i loro ministri di tradimento per l'accordo siderurgico con gli indiani. Dunque, «per tenere buoni» i suoi, accarezzandogli la pancia, il palliativo del Mai Tap sembra perfetto in questa fase. E così, per smorzare l'assedio interno e le accuse della base di aver stracciato i miti fondanti del grillismo, e per dare a Di Maio una visibilità rispetto a Salvini che lo sta oscurando, s'è passati al contrattacco.

RITORNO ALLE ORIGINI
«Noi restiamo sempre quelli che siamo stati»: questo il mantra di Luigi da divulgare. E se l'applicazione pratica di questo ritorno alle origini non dovesse riuscire, ecco la paura del vicepremier, finirebbe per rafforzarsi la posizione vetero-movimentista di Fico che la base sta fomentando contro Di Maio, aumenterebbero i dubbi di Beppe Grillo (lui diceva: «Faremo dell'Ilva un parco giochi per i bambini»), si allargherebbe l'ombra incombente del Dibba l'Invettivista che s'atteggia a nuovo Che Guevara pronto a riportare il movimento alla purezza rivoluzionaria e infatti stasera torna in tv a dare il verbo alla base agitata.

L'INTERESSE GENERALE
Ecco a che cosa serve il Mai Tap, il nuovo grido di battaglia utile ai calcoli di un partito ma non al futuro del Paese. Ed ecco insomma un'operazione politica e politicistica, che nulla ha a che vedere con l'interesse generale.

Il Tap come scalpo agitato sulla pubblica piazza funge così da espediente per risolvere un problema interno scaricando i costi sull'intera collettività. E non è un buon segnale che il premier Conte in visita nella sua Puglia abbia evitato ieri di dare risposte sul Tap. Proprio lui che, ma evidentemente i tempi sono molto cambiati, nella visita a Washington aveva promesso che «il gasdotto adriatico si farà» e mentre diceva così Trump sorrideva compiaciuto di fronte a un'assunzione di responsabilità dell'Italia. Quella stessa che ha fatto dire a Salvini: «Con il Tap i cittadini risparmieranno il 10 per cento sulle bollette».

SONDAGGI GIÙ
E qui s'inserisce l'altro aspetto dell'uso propagandistico della rottamazione del gasdotto. I sondaggi per M5S sono quelli che sono (brutti), la visibilità mediatico-politica tra i partner di governo è quella che è (a tutto svantaggio dei pentastellati), dunque urge recuperare i temi identitari. Quelli più adatti a rimarcare le differenze con Salvini. L'intoccabilità delle toghe, allora. 

LA DAMNATIO
La damnatio verso la Tap (che pure ai piani alti del grillismo di governo viene ben visto: «È solo un tubo che passa sottoterra in qualche campo coltivato». Ma guai a far sentire queste eresie al popolo M5S). L'offensiva sulla Tav, a cui il Carroccio tiene assai, e via dicendo per esempio rispetto alla questione dei migranti sui cui M5S sbanda. Il «rischiamo di andare a sbattere» è dunque l'allarme rosso nel gruppo dirigente di Di Maio. Per evitarlo, si è deciso di radicalizzarsi sui propri temi. Ma proprio questo richiamo della foresta più di lotta che di governo ieri al forum di Cernobbio ha suscitato non pochi timori per quanto riguarda la stabilità dell'esecutivo che sta a cuore agli imprenditori.

Non a caso è arrivato sul lago uno dei grillini più moderati, il sottosegretario Buffagni, a rassicurare i presenti: «Noi siamo per il buon senso». Ma subito dopo aggiunge: «La Tav immobilizza capitali, che sarebbero potuti essere utilizzati per altre cose». Una sorta di de profundis, che non sarà facile far digerire a Salvini. Il quale, altro punto di frizione nel cosiddetto Salvimaio, sulla ricostruzione del ponte di Genova è schieratissimo sulla linea del coinvolgimento di Autostrade, mentre Di Maio e i suoi continuano ad attaccare Benetton. Come finirà? Lo spettro che si aggira è che alla fine la Tav potrebbe essere cancellata, anche perché le penali da pagare sarebbero molto inferiori a quelle della rinuncia alla Tap, mentre la Tap nonostante la propaganda di Di Maio potrebbe salvarsi dalla mannaia. Ma non sarebbe un buon esito. Il doppio sì resta invece l'unica scelta da Paese che ha a cuore se stesso e vuole liberarsi dalla demagogia.

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