Meloni, la strategia per le elezioni europee: stop al Green Deal e nessun accordo con i socialisti

L’ipotesi Ursula o Draghi: niente spartizioni senza considerare i risultati delle urne

Meloni, la strategia per le elezioni europee: stop al Green Deal e nessun accordo con i socialisti
di Francesco Bechis
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Lunedì 29 Aprile 2024, 00:12

«Mai con la sinistra». Un patto “anti-inciucio” in salsa europea. Un discorso durissimo, a tratti perfino violento contro l’Europa dello status quo, dell’asse politico tra popolari e socialisti che da più di un decennio dà le carte a Bruxelles. Sulla spiaggia di Pescara Giorgia Meloni chiude una fase, ne apre una nuova. Promette di «cambiare l’Europa», la premier italiana vestita la mimetica della campagna elettorale. Non prima però di aver archiviato “questa” Europa.

Meloni: «Scrivete Giorgia e cambiamo l'Europa. Sinistra all'opposizione come in Italia». Comizio a Pescara di 73 minuti

IL CAMBIO DI FASE

Quella del Green deal, la direttiva delle Case green «pensata malissimo da burocrati rinchiusi in un palazzo di vetro», dei «talebani verdi» che dettano legge, del «buonismo» che giustifica «i trafficanti di esseri umani».

Si scaglia contro l’Europa, la leader di Fratelli d’Italia, «delle intese innaturali con il centrosinistra nelle quali anche il Ppe ha finito troppe volte ad assecondare scelte ideologiche dell’agenda progressista». Il guanto di sfida a Bruxelles è lanciato.

Chi si attendeva un discorso rotondo, ecumenico della premier che in Europa va a braccetto con Ursula von der Leyen e stringe accordi sui migranti con l’amico e premier socialista albanese Edi Rama («lo hanno linciato perché ci ha dato una mano, e poi dicono TeleMeloni» si sfoga a Pescara), si è dovuto ricredere. Meloni riparte da un sussulto identitario, «non faremo abiura del nostro passato e di ciò che siamo - mette a verbale e non manca una stoccata sulle polemiche per il 25 aprile, «lasciamo gli altri a parlare del mondo di 80 anni fa, noi parliamo dei prossimi 80». La «rivoluzione europea» che ora sposa la premier non ammette larghe intese, matrimoni di interesse con i rivali. E pensare che in tanti, fra chi ha osservato dall’estero le mosse della premier italiana, ci avevano creduto. Era diventato un caso, nei palazzi europei, l’asse politico e l’intesa personale con Ursula, le missioni spalla a spalla con la presidente della Commissione europea in cerca di un bis a Palazzo Berlaymont. In Tunisia, in Egitto, a Lampedusa come nel fango dell’Emilia-Romagna alluvionata.

Qualcuno si era perfino spinto a intravedere, oltre la realpolitik imposta dal ruolo, un progetto politico. La convinzione montante, nella leader della destra italiana e dei Conservatori europei, di dover puntare al centro, prenotare un posto al tavolo delle trattative post-elezioni a Bruxelles, magari immaginare perfino un sostegno esterno, declinato sui singoli dossier, a una nuova maggioranza rosso-blu, socialisti e popolari, pur di non finire all’angolo, di condividere il “cordone sanitario” dei “sovranisti” in cui milita la Lega e Marine Le Pen. E forse sarà così. Ma non adesso, non da qui alle urne di giugno.

A Pescara Meloni volta pagina. E sembra dare il benservito all’opzione “Ursula” - la candidata alla presidenza della Commissione europea del Ppe già fiaccata dall’inchiesta della Procura Ue sull’acquisto dei vaccini in tempo di pandemia - quando pronuncia la solenne promessa ai Fratelli e le sorelle d’Italia stretti sotto i tendoni blu: «Mai più con la sinistra». Un motto che suona famigliare. Sono le stesse parole d’ordine su cui da mesi il leader della Lega Matteo Salvini batte duro contro i “burocrati” a Bruxelles, rifila stoccate ai vertici europei con un tempismo studiato. Magari mentre la premier è in missione nella capitale Ue e si ritrova costretta a glissare, alzare gli occhi al cielo, mentre il rullo delle agenzie dà conto degli strali del “Capitano”. Una concorrenza sfociata, nel suo punto estremo, con la scelta di un candidato contestato come il generale Vannacci, utile a pescare voti per le Europee lì dove la Lega nazionale e sovranista di Salvini può ancora trovare spazio. A destra, appunto.

LA DIFESA

Meloni non insegue l’alleato, ma neanche scopre il fianco. E da Pescara lo fa capire chiaramente con un’arringa che non risparmia nulla all’Ue popolare e socialista. Soprattutto, Chiude così (per ora) la porta alle larghe intese che avrebbero lanciato Ursula. Come potrebbero lanciare Mario Draghi alla guida della Commissione o del Consiglio europeo. Un dibattito «alimentato ad arte da politici abituati ad apparecchiarsi spartizioni», picchia duro la premier in Abruzzo.

Se ne riparlerà dopo, semmai, «non intendiamo partecipare, aspettiamo il risultato delle elezioni». Un alibi in meno per chi, anche fra alleati, in questi mesi ha colpito la premier e il suo partito, accusati di troppa trasversalità. Meloni a Pescara non fa nomi, ma si fa capire. «Da destra mi criticano perché parlo con leader di famiglie politiche diverse dalla mia, ma per me, come qualsiasi patriota, conta solo portare a casa i risultati».

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