Per gli analisti un po’ di “colpa” ce l’ha la pandemia che senza dubbio smorza la voglia di protesta, almeno nelle urne. E poi c’è anche l’effetto Draghi con la sua maxi-maggioranza, impossibile da smontare con un voto “incavolato”. Fatto sta che l’affluenza questa volta è stata davvero moscissima un po’ ovunque ma soprattutto nelle grandi città. Come mai? Perché le periferie sono tornate massicciamente nell’area del non-voto. A Roma l’effetto è particolarmente forte perché nella Capitale, per la prima volta da quando si vota col sistema a doppio turno, ha votato meno di 1 milione di elettori, pari al 48,8 degli iscritti nelle liste elettorali. Ma anche nelle altre metropoli è un pianto greco: -7% d’affluenza rispetto al 2016 a Napoli e Milano, -8% a Bologna, addirittura -9% a Torino.
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La fine di un'epoca
«Senza dubbio è cambiata l’aria - dice Nicola Piepoli, decano dei sondaggisti italiani - Sicuramente la fase della rivolta anti euro e anti élite e anche No vax ha subito una battuta d’arresto. Del resto in Italia, come diceva Andreotti, tutto si aggiusta». «Queste elezioni non hanno suscitato emozione né raccolto l’attenzione vera degli elettori che è tutta concentrata sull’uscita dalla pandemia o sui suoi strascichi», sottolinea Antonio Noto, della Noto Sondaggi.
Ma se gli abitanti delle periferie sono rimasti a casa non è che quelli dei centri storici siano corsi alle urne. E’ difficile infatti trovare a Roma e nelle altre città una circoscrizione che registri un segno più nell’affluenza. I risultati però sono chiari: i candidati del Pd o comunque di area di centrosinistra sembrano usciti da una passeggiata di salute. Mai era accaduto che vincessero contemporaneamente a Milano, Napoli e Bologna al primo turno.
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Le scelte del centrodestra
A questo fenomeno (e alla scarsa affluenza ai seggi) probabilmente ha contribuito la scelta infelice dei candidati da parte del centrodestra. «In alcune città non c’è stata partita - sottolinea Noto - Una parte degli elettori non si è sentita mobilitata da candidati competitivi e ha disertato le urne. Forse, ma è solo una battuta, si è trattato di una forma di larvata protesta verso le scelte della propria parte politica. In gran parte si tratta di consensi congelati ma pronti a riemergere».
La riflessione
Per il direttore scientifico dell’Ipsos con il tema della ridefinizione dell’identità devono fare i conti anche Salvini e Meloni. «Un fatto è certo - attacca ancora l’analista Ipsos - questo voto non ha premiato né l’opposizione di Fratelli d’Italia, né le oscillazioni della Lega. E tuttavia sarebbe sbagliato parlare di débacle di quest’area».
E il centrosinistra? «Sicuramente ha ricevuto flussi positivi dai 5Stelle e forse da una piccola parte di non voto che è “tornata a casa”. Nei prossimi giorni emergeranno cifre precise. A contribuire al successo è stata la scelta dei candidati che si è rivelata azzeccata e questo nelle comunali ha una importanza fondamentale - risponde Risso - Il Pd mostra una certa solidità ma è favorito dal fatto di giocare in casa perché il centro-sinistra, non solo in Italia, è più forte nelle grandi città. Sarà interessante osservare come i democratici ma anche forze in qualche modo collaterali come ad esempio la formazione di Carlo Calenda intenderanno spendere il capitale politico accumulato».
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