«E che vuoi difendere? Abbiamo perso su tutta la linea». Le reazioni a caldo di molti parlamentari 5S si assomigliano un po' tutte, a prescindere dall'area di riferimento. Le analisi post-ballottaggio evitano di snocciolare dati e, con buona pace dello scarso «radicamento territoriale» messo nel mirino da Giuseppe Conte dopo la débacle del primo turno e ora difeso dalla sola assessora del Lazio Roberta Lombardi («Lo scopo del nuovo M5S Roma deve essere riportare i romani al voto»), guardano più che altro alle dinamiche nazionali e a quello che resta dell'ancora ipotetica alleanza «strutturale» con il Pd. «Facciamo la fine di LeU» sospira un deputato.
Movimento 5 stelle: la situazione dopo il voto
Del resto il risultato più marcato delle urne è proprio l'evidenza che i dem avrebbero ottenuto la gli stessi risultati anche da soli. Dati alla mano 5S, al primo o al secondo turno, sono stati ininfluenti nelle grandi città (anche negli altri capoluoghi al ballottaggio come Varese, Isernia e Latina). Napoli compresa, dove il 12,8 per cento è appena un quarto del risultato raccolto nel 2018. Prendendo invece la carta geografica si fa fatica a trovarli: i 5S guidano solo 3 capoluoghi di cui il più importante è Campobasso. Inevitabile quindi che il «nella coalizione tutti protagonisti» di Letta non convinca. Né fanno ben presagire i fischi che ieri piazza Sant'Apostoli ha riservato alla Raggi dopo il «grazie» di Gualtieri.
L'intesa
I ruoli nell'intesa, non possono più essere quelli pattuiti mesi fa. I 5S lo sanno e per il timore che il nuovo corso di Conte finisca con l'annientarli, ora tremano. Ma tramano anche.
E tempo pensa di averne anche Conte che, non a caso, mentre riorganizza il Movimento, temporeggia. Tentato dall'opportunità di concorrere al seggio ora lasciato da Gualtieri a Roma (ma consapevole che presterebbe il fianco a chi gli contesta la sudditanza al Pd), temporeggia. E temporeggia anche nel commentare i risultati di ieri, affidandosi poi a un post tardivo sui social, tra i mugugni degli eletti che nel pomeriggio sostengono «siamo gli unici a non avere una linea». Alle 19, arriva il riferimento al «drammatico astensionismo», all'«immediata riorganizzazione», all'essere all'«opposizione a Roma, Torino e Trieste», ai «comuni in cui abbiamo confermato l'elezione dei sindaci uscenti» e quelli in cui «abbiamo contribuito alla vittoria». Riferimenti alla sconfitta? Zero. Eppure le urne sono state poco generose anche in quasi tutti i piccoli centri dove speravano di rifarsi. Spazzati via in Emilia-Romagna (perdono a Cattolica e non guidano alcun comune), strapazzati nel Lazio (non solo perdono il IV Municipio a Roma ma anche a Marino il sindaco uscente Colizza cede il posto al centrodestra) riescono a farsi riconfermare solo a Castelfidardo (Ancona), Ginosa (Taranto), Noicattaro (Bari) e Pinerolo (Torino). Un po' poco per un nuovo corso.
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