Fassino, il caso del profumo rubato arriva in Procura: sei testimoni inguaiano l’ex ministro

Depositata ai Pm di Civitavecchia un’informativa sul tentato furto con il video in allegato

Fassino, il caso del profumo rubato arriva in Procura: sei testimoni inguaiano l’ex ministro
di Valeria Di Corrado
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Martedì 30 Aprile 2024, 00:07 - Ultimo aggiornamento: 11:14

Ci sono sei dipendenti del duty free dell’aeroporto di Fiumicino che, sentiti dalla polizia come testimoni, confermerebbero le accuse - contenute nella denuncia sporta dalla società proprietaria del negozio - sul tentativo del deputato del Pd Piero Fassino di rubare un flacone di profumo Chanel del valore di circa cento euro. Le dichiarazioni dei commessi, raccolte dagli agenti della Polaria, sono state inserite nell’informativa depositata ieri alla Procura di Civitavecchia, che genererà inevitabilmente l’apertura di un fascicolo di indagine da parte dei magistrati. Non sono stati sentiti solo gli impiegati di turno il 15 aprile scorso, a dimostrazione del fatto che gli investigatori vogliono indagare anche sul passato. È circolata infatti la voce tra alcuni dipendenti del duty free che Fassino sia già stato autore di un tentativo di furto, in quello stesso negozio. L’onorevole però, tramite il suo legale Fulvio Gianaria, ha smentito questo presunto precedente, spiegando di non ricordare nulla del genere. Spetterà ora ai pm decidere come procedere e se affidare una delega alla polizia giudiziaria per svolgere ulteriori approfondimenti. Allegato all’incartamento c’è anche il video di quanto avvenuto due settimane fa nello scalo della Capitale e ripreso da una telecamera di sicurezza presente nell’esercizio commerciale.

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La vicenda

L’ex ministro della Giustizia, sorpreso dai commessi con un profumo da donna da cento euro nella tasca del giaccone, si era subito giustificato dicendo che stava andando a pagarlo.

Secondo i gestori del duty free, invece, avrebbe superato la linea delle casse con la boccetta e per questo, una volta colto in fallo, non gli hanno consentito di procedere con l’acquisto e l’hanno denunciato. Quando la notizia è trapelata, Fassino ha spiegato che aveva le mani occupate dal cellulare e dal trolley, e che per questo aveva infilato il flacone nel soprabito. «Non ho detto di essere al telefono, ho detto che avevo il telefono in mano», ha precisato successivamente. Ma anche quest’ultima versione sembra essere smentita dalle immagini registrate dalle telecamere di sorveglianza dello store. Gli investigatori hanno acquisito il video, ora consegnato ai pm di Civitavecchia, in cui si vede che il parlamentare infila in tasca la boccetta, ma non si vede che ha in mano il telefono. E parrebbe che Fassino, prima di prendere il profumo dallo scaffale, si sia guardato intorno con circospezione. Insomma, le immagini delle telecamere e la dinamica dei fatti sembrano lasciar pensare che vi sia del dolo. E le testimonianze degli impiegati rinforzano questo quadro probatorio; d’altronde non potrebbe essere altrimenti visto che a sporgere denuncia è stato il loro datore di lavoro, sulla base di quello che hanno riferito.

 

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La difesa

Al di là dell’esito delle indagini su un presunto tentativo di furto, resta il fatto che, se dovesse emergere che ha mentito, questo getterebbe quanto meno un’ombra sulla sua carriera di politico. «Un banale e increscioso episodio che avrebbe meritato un approfondimento pacato si sta clamorosamente trasformando in una aggressione mediatica - aveva commentato nei giorni scorsi l’avvocato Fulvio Gianaria - Un vero e proprio processo parallelo che trova come unica spiegazione il cognome noto del cittadino coinvolto. Per questa ragione, d'accordo con Piero Fassino, rimando ogni commento alla futura piena lettura degli atti».

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