Ultimo: «Non sono il presuntuoso che hanno descritto»

Ultimo: «Non sono il presuntuoso che hanno descritto»
di Fiamma Sanò
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Mercoledì 3 Aprile 2019, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 00:40

Sul caso Sanremo, stendiamo un velo pietoso: Ultimo, che all’Ariston voleva essere il primo, come da giuria popolare, ma che poi arriva secondo sommando i voti di tutte le giurie, sorvola ogni domanda sull’argomento con la stessa furbizia del Peter Pan che ha tatuato sul braccio sinistro. E cita sempre il titolo del suo nuovo album, Colpa delle favole, che esce il 5 aprile e che porterà in tour dal 27, con chiusura in grande allo stadio Olimpico di Roma il 4 luglio (nella Capitale suonerà al Palalottomatica anche il 21, 22, 24 e 25 maggio).

Ma questa colpa, quale sarebbe?
«Quella di illudere. L’ho scritto perché non sono mai abbastanza sincero per dare la colpa a me stesso, di avere creduto a certe favole».

 



Deve dire quali, lo sa?
«Diciamo che è un discorso astratto. Sono quelle cose che una volta concretizzate non hanno più il sapore della favola. Ma l’uomo ha sempre bisogno dell’ambizione: realizzi un sogno e c’è quello dopo. Da una parte è bello, perché a sedermi io non ce la faccio. Dall’altra vorrei godermi di più quello che faccio».

Ecco, siamo concreti: godersi cosa? La musica? Il successo? I soldi?
«La vita vera. Che è molto diversa dalle foto che ti chiedono in piazza».

Com’è, questa “vita vera”?
«Andare a cena con gli amici come tre anni fa, senza dovere chiedere un posto appartato, o fare un giro in centro con il cane senza stare lì a guardare se qualcuno ti si fila».

È per ansia di essere riconosciuto, o perché se non la riconoscono ci rimane male?
«Per l’ansia! Di sentirmi sempre come se fossi su un palco». Andiamo, Ultimo, se l’è cercata. «Infatti è colpa delle favole …».

Perché le piace proprio Peter Pan?
«Siamo tutti attratti dalle cose impossibili».

La sua qual è?
«Volare».

Dove?
«Non so. Montagne, posti belli».

Qual è il posto più bello del mondo?
«Il parcheggio dove sto con gli amici. Vicino a casa, accanto alla scuola media dove sono cresciuto».

Lei poi ha fatto il conservatorio, vero?
«Due anni, e ho mollato. Era troppo tosto. Ho continuato privatamente, ma lo studio classico è qualcosa in più per quello che voglio fare io, cioè dire poco, usare un linguaggio minimale sia in termini di musica che di parole».

Minimale o universale?
«È la stessa cosa».

Come Modugno? Che scriveva come parlava?
«Sì. Anzi, no. Come il De Andrè di Com’è che non riesci più a volare. Non è vero che devi dire tante cose: devi dire le cose giuste. Perché Vasco canta “Oh Toffee” e mi fa piangere? Che sta a di’? Ecco, quella è la musica che resta».

E lei vuol scrivere…?
«… Musica che sparisce subito».

Quanto pensa che durerà la sua carriera?
«Mi sento che a 30 anni mi fermo per dieci anni».

A 23 anni come definisce l’arroganza?
«Quella che dicono che ho io».

Ed è vero?
«No».

Perché allora ha questa fama?
«Perché magari c’è una conferenza stampa, io dico una cosa, e subito divento arrogante, perché quel contesto ha molta esposizione».

Sarà perché invece non è gentile e sorride poco?
«Sorrido poco sì; ma gentile spero e penso di continuare a esserlo come lo sono adesso».

E perché sorride poco?
«Carattere. Poi non è che se uno sorride vuol dire che è felice».

Lei lo è?
«Della mia vita artistica molto».

Di cosa invece non lo è?
«La vita privata è molto più difficile».

La delusione più cocente?
«Essere stato etichettato come presuntuoso, uno che si dà delle arie, mentre io – chi mi conosce lo sa – non mi sento manco all’altezza. Mai. Sono una persona incerta».

È il destino dei timidi, essere fraintesi?
«È vero, perché poi hai la sfortuna che quell’impressione rimane per sempre».

Molti grandi cantautori hanno avuto la stessa fama, di antipatici e presuntuosi…
«Aho, allora meglio così».

La lezione del cantautorato italiano in lei si sente tanto, a chi è più grato?
«Vasco, ma non ho mai preso nulla dal suo tipo di canzoni: sono intoccabili ed è giusto così. Dalla: amo la tematica sempre fiabesca quando racconta le cose. Poi Venditti, sicuramente. Baglioni, Zero. De Gregori. Tutti romani».

Chi le piace dei romani di oggi?
«Calcutta».

Lo dice in modo molto netto, perché?
«Guardo sempre e solo una cosa: se quello che scrivi va in parallelo con la vita che fai: lui mi sembra uno così».

Quindi giudica gli artisti dalle persone che sono?
«No, però mi piace avvertire che non si sforzano di dire le cose che dicono, perché sono loro. Chi dice che sceso dal palco inizia la tua vita, per me mente. Io sono sempre lo stesso. Ultimo non è tanto lontano da Niccolò (Moriconi, il suo vero nome, ndr), anzi è la stessa cosa».

Chi ama più di chiunque altro?
«La musica».

Più di ogni persona?
«Sì, assolutamente».

Più della mamma?
«Eh vabbè, no!».

Perché non si finisce mai di cantare d’amore?
«Forse perché è un passatempo giusto?».

Considera l’amore un passatempo?
«Sì».

In una sua canzone scrive “il sorriso di chi vuole avere sempre ragione”: com’è?
«Quello che prima o poi je casca».

Sarà per questo che non ride mai?
«Sarà che forse m’è già caduto».

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