Griffe, lo stilista è in gioco: il mondo delle case di moda agitato dai divorzi improvvisi e nuovi incarichi

Griffe, lo stilista è in gioco: il mondo delle case di moda agitato dai divorzi improvvisi e nuovi incarichi
di Anna Franco
4 Minuti di Lettura
Venerdì 8 Aprile 2016, 00:01 - Ultimo aggiornamento: 11 Aprile, 14:16
«La moda è fatta per diventare fuori moda», diceva Coco Chanel. In questo momento, verrebbe da dire che i direttori creativi sono fatti per essere fuori moda. Mentre, infatti, il fashion system è preso dallo per sviscerare nuove forme di espressione, presentazione e strategie di marketing, fanno più notizia i divorzi tra case di moda e stilisti che le tendenze. 

L'ultimo (ma solo in ordine di tempo) affaire concerne Yves Saint Laurent, Hedi Slimane e Anthony Vaccarello. Quest'ultimo, 34 anni, origini italiane, ma nazionalità belga, è a capo di una linea che porta il suo nome e, fino a pochi giorni fa, anche al timone di Versus. Donatella Versace lo aveva scelto per rinnovare il brand e il rapporto era risultato fruttuoso. Lo stesso stilista, fresco di nomina da Yves Saint Laurent, ha postato sul suo Instagram un ritratto di lui e Donatella con un cuore. La signora della Medusa, del resto, si è detta dispiaciuta, ma aggiungendo «gli auguro uno straordinario successo». Di fronte a lui si apre una strada che può portarlo alla consacrazione, ma non facile. 

 

IL RETROSCENA
Hedi Slimane, criticato da alcuni, osannato da altri, leggendario per le sue (vere o presunte) manie, tocchi di genio e visioni, aveva riportato ai lustri la griffe francese. Le sue pretese sono state parecchie nel corso dei quattro anni, spostando la sede creativa a Los Angeles, realizzando campagne pubblicitarie dal forte impatto, allestendo sfilate faraoniche, trasformando lo streetwear in lusso per pochi e rendendo perfetta la voluta imperfezione di uno strappo o di una scapola particolarmente magra. Un gioco in bilico tra bello e brutto che ha affascinato il mercato così tanto da far crescere esponenzialmente i guadagni della griffe. Centrato l'obiettivo, però, sembra che Slimane non sia stato assecondato nelle sue richieste economiche. Dell'addio si sapeva già dalle sfilate parigine, quando, nel backstage dello show, molti dei collaboratori di Slimane avevano pianto, ma ciò che colpisce nel comunicato diramato da Kering per annunciare il divorzio è il rimarcare sul fatto che «la direzione presa negli ultimi quattro anni è ciò su cui costruire il successo del futuro». 

LA COLLABORAZIONE
Formula simile con la quale Stefano Pilati, qualche tempo fa, è stato liquidato da Ermenegildo Zegna e rimpiazzato da Alessandro Sartori, appena uscito da Berluti. Si intravede una data di scadenza implicita, come se le maison, ormai quasi tutte multinazionali del lusso, raggiunto un obiettivo soddisfacente avessero paura di affidarsi in toto a un nome, creando quella simbiosi tra brand e creativo tipica del passato. Resistono in pochi in controtendenza. Tra questi, sicuramente, Karl Lagerfeld da Chanel, anche se sembrerebbe che il Kaiser intraveda già in Hedi Slimane un suo degno successore. Il valzer della creatività era iniziato da tempo. Il primo scossone si era avuto con l'addio di Gucci a Frida Giannini, che ora sarebbe per tornare in gioco con Salvatore Ferragamo, e la nomina di Alessandro Michele a direttore creativo. Uno sconosciuto che è stato una rivelazione. Massimiliano Giorgetti, che lascerebbe il posto alla Giannini, potrebbe prendere le redini di Christian Dior. La maison francese, orfana di Raf Simons, ufficialmente fuori «per motivi personali», ha bisogno di una guida e tra i candidati, oltre a Giorgetti, ci sarebbe Sarah Burton, in forza ad Alexander McQueen e neomamma. 

IL GIRO
Alla casa inglese, nel caso, potrebbe arrivare Phoebe Philo, sempre più lontana da Céline. Lanvin, dopo un toto-nomi, ha scelto Boucha Jarrar, mentre il suo predecessore, Alber Elbaz, a giudicare da Instagram, starebbe godendosi la vita. Più drammatico l'abbandono di Ennio e Carlo Capasa alla loro creatura Costume National, ceduta, dopo 30 anni, alla società giapponese Sequede. O, ancora, quello di Roberto Cavalli all'omonima firma, ora guidata da Peter Dundas, che ha lasciato Emilio Pucci a Massimo Giorgetti un anno fa. Si aggiungono alla lunga lista anche il cambio da Balenciaga, che ha licenziato Alexander Wang per prendere Demma Gvasalia, Iceberg con la nomina di Arthur Arbesser, dopo che Alexis Martial è passato a Carven, e Brioni. Quest'ultimo ha nominato alla sua guida Justin O'Shea, nessuna formazione in materia sartoriale, ma «forte comprensione del business», come sottolineato dalla casa di moda, visto che il personaggio in questione è un celebre buyer molto attivo sui social. E viene da pensare se lo stesso Internet, velocizzando tutto, chieda anche un'accelerazione nei cambiamenti, di abito e di persone. La moda, però, non dovrebbe tanto gestire un desiderio, quanto generarlo. 

 
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