Ciclista investito e ucciso dal Tir: sciacalli gli rubano la carta e prelevano al bancomat. La moglie: «Non li perdonerò mai»

Fulvio Di Simone, 54 anni
di Camilla Mozzetti
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Domenica 19 Maggio 2019, 00:42 - Ultimo aggiornamento: 20 Maggio, 08:20

Il corpo di Fulvio è ancora incastrato fra le ruote di quel camion che, senza vederlo, l’ha travolto mentre era in sella alla sua bici. La vita che scivola via in un momento mentre in quello stesso istante, almeno una persona che passa su quella strada di periferia, decide di mettere via qualsiasi umanità, rubando il portafogli del ciclista, volato via dal marsupio a causa dell’impatto, e correndo poi a riscuotere nel bancomat più vicino 500 euro. Alla tragedia per una morte improvvisa, che chi è rimasto a piangere reputa insopportabile, si somma la rabbia di fronte a un gesto di sciacallaggio compiuto nella Capitale in un nuvoloso venerdì di maggio. 

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NEGATIVO AI TEST
Due giorni fa, sulla via Tiburtina, a pochi passi dall’uscita del Grande Raccordo Anulare, un ciclista per passione, Fulvio Di Simone, 54 anni, ha perso la vita dopo esser stato travolto da un camion. Mentre l’autista si è fermato, sotto choc, invocando aiuto, (è risultato negativo agli alcol e drug test ma potrebbe essere indagato per omicidio stradale come atto dovuto) qualche passante, prima che sul posto arrivassero i soccorsi, ha visto il portafogli sul bordo della strada e senza esitazione l’ha preso scappando via. Una vicenda orrenda su cui sono ora in corso le indagini delle autorità per capire chi abbia potuto osare tanto di fronte a un uomo che esalava i suoi ultimi respiri. In casa di Fulvio, «lavoratore instancabile» come ricordano gli amici, marito e padre di due figli ancora adolescenti, non riescono a darsi pace. «Come si può derubare così un uomo che sta morendo?», chiede Giuseppe, il suo migliore amico. Impossibile provare a dare una risposta convincente. 
 
 


Infermiere professionale, dipendente dell’Asl Rm/B e impiegato nella struttura riabilitativa di piazza Urbania che accoglie giovani con problemi psichiatrici e di tossicodipendenza, Fulvio era un uomo «buono e gentile», aggiungono gli amici. E basta guardare le foto che lo ritraggono, soffermandosi sul suo sguardo, per capirlo. Venerdì scorso l’infermiere era uscito di casa poco prima delle 14, aveva il turno di notte, e per questo aveva deciso di prendere la bici e andare a fare una passeggiata. Lui e la sua due ruote che ogni domenica o nel tempo libero si univa a quelle di altri compagni che dividevano con lui la stessa passione. Chilometri ne aveva mangiati da che, ragazzino, aveva iniziato a pedalare. Alle 17 sarebbe dovuto rincasare per accompagnare il figlio più piccolo a una seduta di fisioterapia ma i minuti e poi le ore sono passati senza che lui tornasse.

IL RICONOSCIMENTO
La moglie preoccupata perché non rispondeva al cellulare, ha chiamato il suo migliore amico per sapere se, tante volte, lo fosse andato a trovare. Ed è lui, Giuseppe, uno dei primi a capire che quell’uomo sotto al camion era Fulvio. «Quando Debora mi ha chiamato allarmata perché il marito non rientrava e non rispondeva al cellulare – racconta – ho scritto nella chat del nostro gruppo di ciclisti per capire se qualcun altro l’avesse visto o sentito; mi hanno risposto che c’era stato un incidente sulla via Tiburtina e ho iniziato a cercare informazioni e dettagli, poi ho visto le prime foto e ho riconosciuto la sua bicicletta, ho avuto un brivido ma non ci volevo credere».

La moglie ancor più preoccupata ha chiamato la polizia e i carabinieri per denunciare la scomparsa del marito. L’unione dei dettagli, la sua bici appunto, riconosciuta dall’amico insieme ai particolari scarpini volati via dopo l’incidente, ha fatto il resto. Anche perché Fulvio non aveva più con sé i documenti e il suo cellulare era andato in frantumi. Fino a ieri mattina quell’uomo morto sotto a un camion non aveva un nome. La sua identità era stata rubata insieme alla carta di credito da quell’uomo o da quella donna, ora ricercati, che a dieci minuti dalla morte dell’infermiere, avvenuta alle 13.50, ha effettuato due diversi prelievi da 250 euro al bancomat di via dei Monti Tiburtini, trovando probabilmente il “pin” della carta tra i foglietti e le foto che Fulvio aveva nel portafogli. 

L'INTERVISTA ALLA MOGLIE
La moglie: «Non li perdonerò mai, hanno offeso Fulvio mentre moriva»

Ha fede Debora, «nell’anima che resta anche se il corpo se ne va». Con lo sguardo velato dalle lacrime eppure composta nel suo dolore, in una dignità che si può solo ammirare, dice: «Ho perdonato l’autista, ma no lo potrò mai fare con chi ha offeso derubando mio marito mentre moriva».

Signora Debora, come ha capito che suo marito era stato derubato? «Non hanno trovato i documenti ma non perché non li portasse dietro. Questa mattina (ieri ndr), dopo il riconoscimento, ho scoperto che erano stati fatti due prelievi per un importo totale di 500 euro, ho sporto denuncia chiamando poi il fabbro per cambiare la serratura di casa».

Per quale motivo? «Non sono state trovate neanche le chiavi ma Fulvio aveva anche quelle, ho paura che le abbiano prese i ladri».

Ha parlato con l’autista del camion? «Sì, mi ha chiesto scusa, non l’aveva visto, voleva suicidarsi, ma è stato un incidente e io lo perdono ma non potrò mai farlo con chi ha derubato mio marito.
Spero solo che quei soldi siano serviti per mangiare».

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