«Abbiamo evitato un bagno di sangue. La ribellione armata sarebbe comunque stata soppressa. Era un crimine contro la Russia che aiutava i nostri nemici di Kiev e dell'Occidente». Putin non cita mai Prigozhin, ma aggiunge: «Gli organizzatori della rivolta, per quanto inadeguati, alla fine lo hanno capito. Hanno compreso che erano azioni criminali, per dividere e indebolire il Paese, proprio ora che la Russia sta affrontando una colossale minaccia esterna, una pressione senza precedenti. Tutto questo quando i nostri compagni muoiono al fronte».
IN PIEDI
Il viso gonfio, la voce stanca.
Il discorso di Putin prima di tutto è un richiamo all'unità, in questa fase difficile della guerra. E, come sempre fanno gli autocrati, chiama in causa i nemici con la retorica logora ma sempre valida dal suo punto di vista, dei famigerati nazisti di Kiev: «Tutti i tentativi di creare disordine interno falliranno. Gli organizzatori della ribellione hanno tradito il loro Paese, sono coinvolti in un crimine, inducendo a morire e a sparare ai loro concittadini. Questo è esattamente il risultato - il fratricidio - che volevano i nemici della Russia: i neonazisti a Kiev, i loro protettori occidentali e ogni sorta di traditori nazionali. Volevano che i soldati russi si uccidessero a vicenda, uccidessero militari e civili, in modo che alla fine la Russia perdesse e la nostra società si dividesse, soffocata da una sanguinosa guerra civile». Questo è un modo per spiegare perché l'esercito non ha fermato la Wagner, perché ha consentito ai mercenari ribelli di arrivare indisturbati a 200 chilometri da Mosca: volevamo evitare un bagno di sangue, spiega Putin ai russi. Dice: «Gli avversari di Mosca si sono fregati le mani, sognando di vendicarsi dei loro fallimenti al fronte e durante la cosiddetta controffensiva. Ringrazio tutti i nostri militari, le forze dell'ordine, i servizi speciali che hanno contrastato i ribelli, sono rimasti fedeli al loro dovere, al giuramento e al loro popolo. Il coraggio e il sacrificio dei piloti eroi caduti ha salvato la Russia da tragiche conseguenze devastanti».
E questo è un passaggio importante: Putin ammette che ci sono state delle perdite. Anzi Putin tende loro la mano: «Ringrazio quei soldati e comandanti del gruppo Wagner che hanno preso l'unica decisione giusta: non hanno commesso spargimento di sangue fratricida, si sono fermati all'ultima riga. Oggi avete l'opportunità di continuare a servire la Russia firmando un contratto con il Ministero della Difesa o altre forze dell'ordine, o tornare dai propri parenti e amici. Chi vuole può andare in Bielorussia. La promessa che ho fatto si manterrà. Ripeto, la scelta spetta a ciascuno di voi». Il presidente russo era rimasto in silenzio da sabato mattina, da quando aveva parlato alla nazione dicendo che tutti i «traditori» sarebbero stati puniti. Prigozhin e i suoi uomini avevano già occupato Rostov e la colonna della Wagner stava già percorrendo l'autostrada, minacciando di entrare a Mosca. Da allora Putin era sparito, mentre Lukashenko, il presidente bielorusso, aveva iniziato a trattare con Prigozhin che, secondo alcune ricostruzioni, come quella del portale Meduza, forse non si è mai spostato da Rostov. In serata c'era stato l'accordo, comunicato però da Lukashenko, che grazie a questa mediazione ha guadagnato una insperata centralità. Ieri sera era stato annunciato un discorso anche del leader bielorusso, ma alla fine è stato rinviato a oggi, probabilmente per non sovrapporsi con Putin. In sintesi: nel pomeriggio ha parlato Prigozhin, alla sera lo Zar. Ma la convinzione generale è che i punti oscuri di questa storia siano ancora dominanti e che la parola fine debba essere ancora scritta.