Expo, giro del mondo in un giorno: cibo disponibile per tutti è il tema che guiderà l'esposizione

Expo, giro del mondo in un giorno: cibo disponibile per tutti è il tema che guiderà l'esposizione
di Renato Pezzini
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 6 Maggio 2015, 16:36 - Ultimo aggiornamento: 14 Giugno, 17:30
La domanda inevitabile per il visitatore che fra qualche ora varcherà l’ingresso dell’Expo è questa: «Ce la farò a vedere tutto in un giorno solo?». La risposta è una: no. Il «tutto» dell’Esposizione è un «troppo». E il suo bello, probabilmente, è proprio questo.



Sarà come entrare in un immenso luna park sapendo fin dall’inizio di essere costretti a selezionare: questa cosa sì, quell’altra no. A questo padiglione un’occhiata veloce, in quell’altro una visita più accurata. E quando arriverà l’ora di chiusura sarà sempre comunque troppo presto. «Nutrire il pianeta» è il titolo pensato nel 2007 per l’Esposizione. Fu accolto con un brivido di diffidenza. Da allora il mega progetto iniziale è stato ridimensionato causa noie politiche e lungaggini burocratiche, nel frattempo il tema dell’alimentazione - anche nei suoi risvolti più drammatici - è però cresciuto d’importanza.



Oggi quella per il cibo è una passione-ossessione collettiva, che nutre il successo dei talent show dedicati alla cucina, dei food-blogger, delle rubriche gastronomiche dei giornali. Non c’è nulla che sia più dimoda, in questo momento. E non solo in Italia. Ma Expo, ovviamente, è molto più di questo.



L'orgnizzazione conta di vendere almeno 24 milioni di biglietti poiché raggiunta quella quota gli incassi dovrebbero consentire di contabilizzare un bilancio in pareggio. Il biglietto base costa 34 euro (con giorno prestabilito, 39 con data a scelta), poi sono previsti sconti per studenti, over 65, disabili, e per chi vuole entrare per più giorni.



ALBERI E CANALI

L’area dell’Esposizione Universale è di 1 milione 200 mila metri quadri, quanto centosettanta campi di calcio. Esibisce 12.000 alberi, un canale che circonda il perimetro dell’Esposizione, laghetti, piazze, giardini, piccole porzioni di terre coltivate. I Paesi che hanno deciso di esserci sono 145, metà dei quali ha allestito ognuno un padiglione tutto per sé. Gli altri saranno presenti in nove diversi spazi tematici (i cosiddetti cluster): cacao e cioccolato, caffé, riso, frutta e legumi, spezie, cereali e altro.



Per catturare l’interesse dei visitatori molti paesi si sono affidati ad architetti di gran nome per l’ideazione degli edifici: Norman Foster (quello del Cetriolone della City londinese) ha disegnato il padiglione degli Emirati Arabi; l’italiano Italo Rota è il progettista dello spazio del Kuwait; a Daniel Libeskind si sono rivolti i cinesi. Ma anche chi non ha fatto ricorso a grandi architetti ha puntato molto sull’estetica degli edifici, alcuni dei quali dopo ottobre saranno smantellati. L’organizzazione ha imposto a tutti l’uso di materiali eco-compatibili a basso impatto ambientale.



Un altro architetto, Carlo Ratti, è l’ideatore del «Future food district» che, a detta di chi ha dato un’occhiata al progetto, sarà uno dei principali poli di attrazione. In pratica, un supermercato del futuro. Ma non bisogna immaginare cibi sintetici o pillole energetiche. Sui banchi ci saranno mele, pere, pomodori. Di innovativo c’è la possibilità per gli acquirenti di conoscere in diretta la provenienza della merce in vendita, il loro contenuto vitaminico e proteico, i benefici per la salute e le controindicazioni. Colpisce il numero dei ristoranti all’interno dell’area: più di 100. Quasi tutte le nazioni presenti ne avranno uno, Slow Food avrà un padiglione al cui interno si alterneranno grandi firme della cucina italiana. E poi un’infinità di chioschi di street food.



Ma non sarà solo una fiera gastronomica. Parlare di cibo significa anche altro. Chi visiterà il padiglione di Israele potrà capire come, grazie a una tecnologia d’avanguardia, un Paese che ha soltanto il 20% di territorio coltivabile riesce a soddisfare il 90% del fabbisogno alimentare.