Omicidio in famiglia, rimossi i sigilli alla scena del crimine

Omicidio in famiglia, rimossi i sigilli alla scena del crimine
di Vincenzo Caramadre
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Domenica 11 Dicembre 2022, 09:19 - Ultimo aggiornamento: 12 Dicembre, 09:06

 Dissequestrata la casa del delitto. A quasi quattro anni e mezzo dall'omicidio che scosse l'intero cassinate all'abitazione di via Provinciale numero 17 alle porte di Esperia, dove il primo agosto 2017 si consumò l'efferato delitto in famiglia, sono stati tolti i sigilli. L'immobile torna ad uno dei legittimi proprietari (assistito dall'avvocato Emiliano Mignanelli). Il dissequestro arriva ad alcuni mesi di distanza dal passaggio in giudicato della sentenza di secondo grado, pronunciato con il rigetto del ricorso in Cassazione lo scorso giugno.


In quell'abitazione trovò la morte Antonio Teoli sessantottenne operaio Fiat in pensione, il quale fu assassinato dal figlio Mario di 30anni.

Cinque, forse sei fendenti tra l'addome e il torace con un coltello da cucina al culmine di una lite che non gli lasciarono scampo. La casa dopo l'omicidio, per mesi, è stata al centro delle indagini. Ogni angolo della cucina, ma anche il resto delle stanze, fu al centro degli accertamenti scientifici dei carabinieri. Si cercava l'arma del delitto: alla fine venne ritrovato un coltello da cucina con una lama di 12 centimetri sporco di sangue. Mario Teoli, infatti, non ha mai confessato il delitto. Più volte ai suoi legali e agli inquirenti aveva ribadito: «Abbiamo litigato, ma non l'ho ucciso». Ciò non gli aveva evitato il processo, con il rito immediato, chiesto e ottenuto dal pubblico ministero Emanuele De Franco.

IL PROCESSO

In primo grado si apre con una richiesta di perizia psichiatrica e una lettera verità che l'uomo inviò ai suoi legali. Il processo di primo grado al Tribunale di Cassino si era concluso il 5 dicembre 2019 (svoltosi con il rito abbreviato), con la condanna a 15 anni di reclusione per il 30enne e la permanenza in una Rems, in quanto socialmente pericoloso, per 3 anni al termine della pena.
La riduzione della pena, oltre per la scelta del rito (che impone uno sconto pari a un terzo), gli erano state riconosciute le attenuanti per uso dannoso e cronico da alcol (come accertato nel 2019 con perizia del dottor Pasquale Antignani). Dure furono le parole del giudice del tribunale di Cassino nel motivare la sentenza. Un delitto «efferato e imprevedibile», maturato nel corso della lite con «consapevolezza e volontà, era stato scritto. La scena del crimine era stata descritta in un clima dove regnava l'alcol: entrambe infatti quella sera erano sotto l'effetto di alcol. «In stato di ubriachezza», scriveva il Gip. L'arma del delitto individuata in un coltello «mono-tagliente» a punta che causò sei ferite, due al torace e quattro all'addome, ad importanti organi vitali (come il cuore, il fegato e la milza).

L'APPELLO

In appello la difesa aveva tentato la carte della nuova perizia e la derubricazione del reato da omicidio volontario a omicidio preterintenzionale. Ma il 19 febbraio 2021 la Prima sezione della Corte d'Assise d'appello di Roma rigettò l'appello. La parola fine è stata scritta il 10 giugno 2022 dalla Cassazione con il rigetto del ricorso presentato da Mario Teoli.
Vincenzo Caramadre
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