Frosinone, il virus paralizza anche la pittura: così gli artisti ciociari vivono la pandemia. La sfida: l'uomo e la natura

Frosinone, il virus paralizza anche la pittura: così gli artisti ciociari vivono la pandemia. La sfida: l'uomo e la natura
di Stefano De Angelis
7 Minuti di Lettura
Mercoledì 22 Aprile 2020, 00:52 - Ultimo aggiornamento: 9 Luglio, 15:05


Il Covid-19 ha fermato anche l'arte ciociara. Niente mostre. Gallerie sigillate. Vernissage cancellati. Quadri che restano in attesa di uno sguardo che li ammiri, che li comprenda nella loro profondità. Ma i colori, le pennellate, i paesaggi e le figure su tela non appassiscono. Restano lì, pronti a riprendere vigore, lucentezza, e a diventare tutt'uno con l'artista quando ci sarà una nuova alba, una nuova stagione. Nel frattempo, chi ha abbracciato la creatività e la fantasia nelle sue molteplici forme aspetta. C'è chi si rifugia nella pittura, chi si guarda dentro, chi trova nuova linfa ispiratrice e chi riflette, anche su quello che dovrà essere il ruolo dell'arte per tornare alla ribalta in un mondo che, comunque, non sarà più come prima. Tra i mille interrogativi su quando e come sarà possibile programmare inaugurazioni di personali e collettive, sembra farsi strada un'idea: l'arte intesa come nuovo spirito guida per restituire valore e dignità alla natura, oggi maltrattata, e riscoprire l'essenza del rapporto tra gli uomini in simbiosi con l'ambiente che li circonda.

Per Luciano Tocci, pittore della Val di Comino con all'attivo personali in vari Paesi e con una galleria permanente a San Donato, la pandemia ha “congelato” il settore fatto di relazioni e contatti quotidiani. “Non riuscirà - ha sottolineato - a penetrare nell'identità degli artisti. Semmai potrebbe allargare i confini interpretativi soggettivi e portare a riconsiderare alcuni concetti espressivi che sembravano lontani”. Poi ha analizzato: “Il virus ha causato il blocco delle mostre e la chiusura delle gallerie, che probabilmente saranno tra le ultime a riaprire. Io ero in procinto di allestire una mostra alla villa comunale di Frosinone: doveva essere inaugurata il 12 marzo, ma è stata sospesa. Ecco, il virus ha estromesso l'arte dalla vita quotidiana: non c'è contatto con la critica, con gli amanti delle opere, con il pubblico. Da artista, invece, non mi ha scalfito: continuo ad alternare figurativo e astratto, mi capita di passare dal dipinto tradizionale a quello di libera composizione dettato dall'ispirazione. Per me l'astrazione è una vibrazione di colori: significa trasmettere un pensiero proiettato a un futuro spettacolare ed emozioni in uno spazio infinito. In questo periodo - aggiunge - sono riuscito a isolarmi: entro nel mio studio di casa e dipingo accompagnato dalla musica classica in sottofondo, dalla voce di Maria Callas che trascina e commuove. Dimentico tutto e mi immergo nella pittura in nome dell'”Inno alla vita” che caratterizza le mie opere”.

Mario Casalese, di Ceccano, pittore poliedrico di lungo corso, professore al liceo artistico di Frosinone e autore di innumerevoli mostre (nella cattedrale del capoluogo spicca la tela da lui firmata intitolata “La Resurrezione”), è convinto di una cosa: sarà il futuro a decretare se e come il virus abbia inciso sugli artisti. Se, in sostanza, avrà dato il via a un nuovo pensiero contemporaneo, a un realismo inatteso. Anche lui, però, è d'accordo su un punto: “Il virus ha paralizzato l'attività: mostre annullate, gallerie chiuse e distacco. Senza contare l'impossibilità o quasi di realizzare, considerato che non è stato possibile reperire il materiale, tele e colori. Personalmente finora questa situazione non mi sta condizionando sul piano artistico, ma ha generato in me riflessioni e un po' di angoscia. Stando a casa non ho aumentato la mia produzione, anche se avevo in programma una mostra, ma tutto si è fermato”. Poi Casalese sottolinea: “L'arte è sempre figlia del suo tempo. Non so dire se questo periodo storico influirà sui miei lavori o se dagli stessi, alla fine, ne uscirà una sintesi. Ciascun artista si esprimerà a modo suo: ci sarà chi continuerà a seguire il proprio stile senza condizionamenti e chi, invece, recepirà le nuove istanze e pulsioni provenienti dall'esterno, rappresentandole poi con contenuti e forme diverse, magari con altri materiali. Credo, però, che il pensiero di base di ogni artista, quello innato, resterà sempre lo stesso”.

Sulla stessa lunghezza d'onda Marco D'Emilia, navigato pittore di Arce dal tratto gentile e carico di espressività, di forza. Direttore artistico del premio Fibrenus e con un lungo elenco di esposizioni alle spalle, si diletta utilizzando tecniche diverse. “Per l'arte questo è un momento d'attesa, nel senso che è ancora presto per prevedere possibili ripercussioni e cambiamenti di rotta di singoli o di gruppo. Le conseguenze del virus sono state molte: innanzitutto l'impossibilità di lavorare, con mostre cancellate, contatti quasi azzerati e nessuna certezza per il futuro. Personalmente, avendo lo spazio adeguato, ho continuato a dipingere, a dedicarmi alle mie opere. Non ho dovuto interrompere bruscamente l'attività”. Per D'Emilia questa emergenza sanitaria deve indurre l'arte a riscoprire e a catapultare all'esterno un concetto essenziale, intrinseco della vita, proprio dell'intima essenza terrena: il rapporto dell'uomo con la natura. “E' fondamentale per ricucire l'enorme distanza che c'è - ha spiegato -. Il problema della contemporaneità è quello di una sorta di alienazione dall'ambiente che ci circonda, trascurato e sfruttato, che poi si traduce in impotenza. L'artista deve tornare a confrontarsi con la realtà, con la condizione umana, calarsi di più in essa. Deve rimettere al centro questa e altre tematiche cui oggi si guarda con disinteresse. Io in particolare da due anni, sulla spinta di questa riflessione, ho ripreso a coltivare questo pensiero e credo che questa pandemia mi dia ragione”.

Franco Bianchi, pittore, scultore e scenografo di Fontana Liri, che si firma con l'aggiunta di “Poteca” in omaggio al padre artista Giovanni, sostiene di aver trovato nuove energie. Docente e protagonista di numerose esposizioni, ne ha approfittato per una sorta di “ritiro” con se stesso. “Questo periodo mi ha rinfrescato la memoria e rigenerato le idee. Per me è stato positivo, come lo interpreteranno gli altri artisti è difficile prevederlo. Io, d'altronde, sono uno studioso del silenzio e questa condizione di blocco forzato è stata utile per ritrovare quegli equilibri che mi mancavano da tempo, importanti per aggiungere qualcosa al mio stato d'animo e al mio pensiero, che doveva andare oltre. E credo che tutto questo influirà sulle mie opere future. Non sono stato fermo, però: sto scrivendo un libro sul mio percorso. Ho anche avuto il tempo di fare un viaggio a ritroso, scoprendo che i miei lavori non si discostano da quelli di quando avevo 40 anni: sono rivisitati o rielaborati, ma il filo conduttore è sempre lo stesso”.

Rocco Lancia, pittore e scenografo frusinate che vive a Torrice, fondatore dell'associazione Artqube e che nel 2013 ha ideato lo stile “Rocco Fluo” con l'utilizzo di colori fluorescenti, si è rifugiato nella lettura e, soprattutto, nella pittura. “Ho realizzato diverse opere e provato anche qualche tecnica alternativa, dedicandomi alla sperimentazione. Credo che questo lungo periodo di permanenza in casa abbia fornito l'occasione per progettare, ideare, elaborare. Del resto, prima il tempo per farlo non era mai abbastanza”. Lancia, che come altri colleghi ha già collezionato molte esposizioni, ha aggiunto: “Gli artisti potrebbero essere influenzati da questa pandemia e trasferire sensazioni ed emozioni nelle opere. Sono convinto, però, che l'arte debba essere sempre veicolo di positività, di ottimismo, di messaggi che infondono speranza e fiducia, anche quando affronta temi particolari o rappresenta momenti storici difficili o drammatici, come quello attuale. Il dipinto non dovrebbe mai incupire. Per il futuro - conclude - il settore dovrà riorganizzarsi, tenendo conto delle limitazioni che ci saranno per gli eventi sociali, mostre comprese”.

Il critico e artista Rocco Zani, figlio dell'affermato pittore di Cassino Vittorio Miele, scomparso nel 1999, non nasconde i timori legati al futuro del settore. Allo stesso tempo, però, prova a indicare la rotta. “E' tutto fermo, c'è una fase di vuoto, di stasi. Avevo in programma tre eventi di rilievo fino ad agosto, ma sono stati annullati. Così abbiamo tentato un esperimento: una mostra virtuale dal titolo “Le occasioni del silenzio”, una collettiva di dieci artisti inaugurata il 15 aprile. Si può visitare sulla pagina Fb «Ad arte in dimora». Un tentativo per testare l'attenzione del pubblico che sta riscuotendo successo”. Poi Zani aggiunge: “Ho sentito tanti artisti e molti stanno vivendo una dimensione complicata. Questa situazione li sta influenzando e i lavori sono fermi al palo”. Zani poi guarda ai tempi che verranno: “Ci sarà il problema delle risorse economiche: subiranno, come quelle destinate alla cultura, una forte riduzione perché bisognerà dare precedenza alle varie criticità. Si dovrà, comunque, fare di tutto per ripartire, rimettersi in moto”. Zani, però, confida nella forza innata dell'arte. “Da sempre ha anticipato il futuro, precorso i tempi. Dovremo avviare una fase di riflessione per ricercare nuove forme espressive e di comunicazione. A mio avviso una soluzione potrebbe essere quella di ridare centralità a tematiche ambientali e sociali, quindi a quelle proprie dell'essere umano. Intercettare il segnale di ascolto che lancia la natura, oggi devastata, per farla tornare a essere madre natura, cioè rispettata”.


 

© RIPRODUZIONE RISERVATA