L’invasione dei cinghiali nella città dei Papi: «Sono circa un migliaio». Martedì consiglio straordinario

L’esperto dell’Unitus, Riccardo Primi: «Vengono qui perché trovano cibo e un ambiente sicuro»

L’invasione dei cinghiali nella città dei Papi: «Sono circa un migliaio». Martedì consiglio straordinario
di Massimo Chiaravalli
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Domenica 15 Ottobre 2023, 05:20 - Ultimo aggiornamento: 16 Ottobre, 18:06

Molti, soprattutto nella zona vicina all’Arcionello, ci vedono un problema perché gli stanno sempre più vicino. I più enogastronomici invece continuano a vederci vicino un piatto di pappardelle. Fatto sta che siamo circondati: i cinghiali stanno avanzando passo dopo passo dentro la città dei Papi, passando da più parti. Una situazione talmente delicata da aver richiesto la convocazione di un consiglio comunale straordinario aperto.

Martedì, palazzo dei Priori, ore 9,30: si parla di “Problematiche conseguenti alla presenza di cinghiali in città”. Uno che intanto ne mastica molto - in senso professionale ovviamente - è Riccardo Primi (nella foto in basso), ricercatore in zootecnica speciale al dipartimento Dafne e docente di gestione faunistica e monitoraggio faunistico sistemico all’Unitus. «All’inizio - dice - si sono palesati intorno all’area protetta dell’Arcionello, ma da alcuni anni ci sono avvisaglie anche a Santa Barbara, porta Faul, La Quercia e Bagnaia». I cinghiali arrivano anche dalle aree agricole e forestali limitrofe alla città, sfruttando i corridoi ecologici naturali: oltre al fosso Arcionello anche le aree boscate verso la Cassia sud o l’Acquarossa. «Restano qui perché trovano fonti di cibo e un ambiente sicuro: nessun cacciatore che gli spara - spiega - né lupi o elementi in grado di spaventarli. Poi trovano da mangiare e bere».

Primo problema: partoriscono qui e i piccoli si abituano a stare dentro la città. «Non andranno più lontano, le generazioni future saranno sempre più capaci di vivere nell’ambiente urbano». Stime ufficiali non ne esistono. «Secondo l’Ispra, partendo dai dati di abbattimento, che sono sicuri, in Italia ce ne sono 1,5-2 milioni. Nell’Atc, l’area di caccia che va da Viterbo ad Acquapendente, muoiono all’anno circa 5mila-5.500 cinghiali. A Viterbo saranno qualche centinaio, la stima di quelli morti potrebbe essere 3-400 e quelli vivi mediamente sono il doppio o poco più, dunque un migliaio».

Come se ne esce? «Le norme - continua Primi - impongono di combattere il fenomeno: il cinghiale è classificato come animale pericoloso.

Il modo può variare, dal 2022 poi c’è la peste suina africana a Roma, quindi a livello di prevenzione la Regione ha emanato un piano di contenimento urgente attraverso il quale si può intervenire in maniera più impattante e semplice». Ma non proprio economica. Vanno acquistate gabbie, posizionate, gestite da persone formate o polizia, locale o provinciale. I cacciatori formati possono coadiuvare. «Una volta presi o si abbattono e si smaltisce la carcassa, o si destina al consumo umano. Sono costi in entrambi i casi».

Le competenze? L’Arcionello della Provincia, dal confine del parco il Comune, nella zona agricola l’Atc, che ha da anni un piano di prelievo. Le gabbie costano 2-3 mila ero l’una, «servirebbero da 5 a 10: un paio verso l’Arcionello, altrettante sulla Cimina, poi a La Quercia e Bagnaia. Ma se attuati bene, i piani possono portare a una densità bassa, gli basterebbe l’Arcionello. Ora il problema è che a un certo punto non trovano più da mangiare». E vengono a cercare qui il cibo.

A proposito, «dargliene è vietatissimo, si rischiano fino a 2mila euro di sanzione e fino a 6 mesi di reclusione». Meglio comunque girargli alla larga, soprattutto se si ha un cane che gli abbaia contro. «In altre città è già successo, si rischia di essere attaccati. Non bisogna mai mettere i cinghiali in difficoltà. Sarebbe auspicabile allestire un sistema ufficiale di rilevamento, coinvolgendo la cittadinanza. Ad esempio un’app per le segnalazioni: se aumentano o diminuiscono - conclude Primi - significa che il piano che si sta adottando funziona o meno».

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