Appalti truccati grazie a una talpa: Chiavarino spiega perché «vincevano altri»

Appalti truccati grazie a una talpa: Chiavarino spiega perché «vincevano altri»
di Silvana Cortignani
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Venerdì 6 Marzo 2015, 05:44 - Ultimo aggiornamento: 16:46
Genio e sregolatezza: al processo doveva essere il giorno dei fratelli Chiavarino, imprenditori di Celleno coinvolti in alcune delle indagini sul fronte corruzione svolte dalla procura tra il 2008 e il 2012. L'UDIENZA

In aula però c'era solo Domenico, teste chiave della maxi inchiesta sul presunto giro di appalti pubblici truccati da un gruppo di imprenditori, con la regia del funzionario del Genio civile, Roberto Lanzi. Assente per malattia Gianfranco, imputato, ma uscito di scena patteggiando. Nessun confronto tra i due fratelli che, secondo Domenico, non si parlerebbero da anni. Da prima che lui, in carcere per l'operazione Dazio, dicesse ai pm D'Arma e Tucci che Gianfranco era nel ristretto gruppo di imprenditori che spesso si aggiudicavano le gare (mentre lui non veniva nemmeno invitato). Come nel caso dell'appalto per il marciapiede rosso in strada Bagni. Domenica si sarebbe infuriato, saputo che la sua ditta non era nella rosa e che avrebbe dovuto vincere l'impresa Anselmi (poi subappaltatrice). Lo avrebbe saputo da una dipendente di Anselmi, che sarà presto sentita. E ancora: «Lanzi ci può far vincere le gare», gli avrebbe detto anni fa Marcello Rossi, uno degli imprenditori arrestati due volte dalla Forestale nel 2012. Ma ieri, se non ha ritrattato, poco ci manca. Mentre il presidente del collegio Eugenio Turco gli ricordava gli effetti della falsa testimonianza, Domenico Chiavarino correggeva il tiro: «Quando ho parlato coi pm ero provato da giorni di carcere, stavo male, avevo perso 10 chili, all'uscita sono dovuto andare a Belcolle». Il fratello sarà sentito il 19 marzo.

Silvana Cortignani

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