Dopo aver constatato «l'assenza di una norma speciale» per risolvere questo tipo di problemi, la Suprema Corte ha osservato che «mentre il passeggero di regola non ha disponibilità di una prova diretta del ritardo dell'aeromobile su cui viaggiava (tranne, in ipotesi, la riproduzione fotografica dei tabelloni informativi dell'aeroporto), il vettore aereo - che opera in regime di controllo e verifica, da parte delle autorità aeroportuali, del tracciato aereo di ogni volo - ha agevole facoltà di accesso alla prova ufficiale dell'orario esatto in cui il velivolo è atterrato».
In questo caso, il Tribunale aveva negato al passegger il rimborso di un volo Berlino-Roma di Easyjet, che aveva avuto quattro ore di ritardo il 23 dicembre del 2009, facendogli perdere anche l'imbarco sul volo successivo, tratta Roma-Palermo. I magistrati avevano scritto in sentenza che «è certo che il passeggero deve dimostrare e non semplicemente allegare la circostanza che il volo ha subito un ritardo, ossia deve dimostrare l'inadempimento del vettore, la cui responsabilità poi si presume, nel senso che è quest'ultimo a dover fornire la prova liberatoria».
Questa tesi è stata sconfessata dagli ermellini. «Il passeggero che agisca per il risarcimento del danno» per negato imbarco, cancellazione del volo o ritardato arrivo «deve produrre il titolo o il biglietto di viaggio, o altra prova equipollente, potendosi poi limitare alla mera allegazione dell'inadempimento del vettore - scrive la Cassazione - spetta a quest'ultimo, convenuto in giudizio, dimostrare l'avvenuto adempimento, oppure che, in caso di ritardo, questo sia stato contenuto sotto le soglie di rilevanza fissate dal Regolamento Ce 261/2004», conclude la Cassazione.
Ora, il Tribunale deve riaprire il caso dando ragione al passeggero.
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