Chiesa in allarme, drastico calo degli italiani che destinano l'8 per mille alla Cei mentre volano le firme a favore dello Stato

Per la prima volta il ministero ha mostrato nel dettaglio le destinazioni preferite dai contribuenti che hanno scelto lo "Stato"

Chiesa in allarme, drastico calo degli italiani che destinano l'8 per mille alla Cei mentre volano le firme a favore dello Stato
di Franca Giansoldati
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Venerdì 14 Luglio 2023, 11:49 - Ultimo aggiornamento: 16 Luglio, 13:56

Il trend all'orizzonte non fa immaginare per il futuro niente di buono e per la Chiesa italiana sembrerebbero prospettarsi anni difficili anche dal punto di vista economico. Il calo dei contribuenti italiani che al momento della denuncia dei redditi hanno scelto di destinare l'8 per mille alla Chiesa cattolica sono sempre di meno. I dati provvisori relativi alle denunce del 2022 (anno di imposta del 2021) pubblicati dal Ministero dell'Economia dimostrano una flessione progressiva, pari a 205 mila firme in meno. Al contrario lo Stato ne ha guadagnate 84 mila.

Per la prima volta il ministero ha anche mostrato nel dettaglio le destinazioni preferite dai contribuenti che hanno scelto lo "Stato": a ricevere quasi la metà delle preferenze espresse (49%) è l'edilizia scolastica, a seguire le calamità naturali (22%) e la fame nel mondo (13%), i beni culturali (12%) e l'assistenza ai rifugiati (4%).

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Nel maggio scorso la Cei, nel presentare il prospetto relativo alla ripartizione dell’8 per mille evidenziava che «il gettito aveva avuto un calo di 100 milioni di euro» ma era da riferire all'effetto covid.

Monsignor Giuseppe Baturi, segretario generale della Cei, aveva precisato: «I dati di quest’anno sono riferiti al 2020, l’anno dell’esplosione della pandemia e del blocco delle attività industriali, con ovvie ricadute sul gettito totale dell’Irpef. Se il gettito totale diminuisce, diminuisce anche l’otto per mille, e quindi la quota dell’otto per mille destinata alla Chiesa cattolica.” Senza però aggiungere nulla sull'effettiva diminuzione delle persone che mettono la firma sotto la casella della Chiesa cattolica. 

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Ad accorgersi ed evidenziare questo aspetto è stato Roberto Grendene, segretario dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (Uaar). «Si tratta di un altro brutto colpo per le casse della Chiesa, che già aveva perso 1,7 milioni di preferenze nelle dichiarazioni presentate dai contribuenti italiani nel triennio 2019-2021. Sono infatti diversi anni che si assottiglia la quota di contribuenti che decide di destinare il proprio 8 per mille alla Chiesa. Ciononostante, per quel perverso meccanismo per cui le quote non espresse – quelle che non vengono destinate, perché il contribuente non firma né per lo Stato né per una delle confessioni religiose che ha accesso ai fondi – sono comunque ripartite in proporzione alle firme ottenute, con meno del 28 per cento dei contribuenti che nel 2022 ha scelto espressamente la Chiesa cattolica, i vescovi incasseranno oltre il 69 per ento di quel miliardo e 400 milioni che, più o meno stabilmente nell'ultimo quinquennio, corrisponde all'8 per mille dell'Irpef versata all'erario ogni anno dai contribuenti italiani».

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Un'altra brutta notizia per la Cei arriva dai dati definitivi del riparto 2023, che mostrano un pesante conguaglio di 36,5 milioni che i vescovi dovranno restituire allo Stato, conseguenza di una ben più pesante diminuzione di contributi pubblici a favore della Chiesa.

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«Se nel 2022 l'esborso dalla casse dello Stato verso quelle della Cei era stato di 1 miliardo e 111 milioni, i dati definitivi appena pubblicati dal Dipartimento delle Finanze per il riparto 2023 fanno crollare la cifra a 1 miliardo e 2 milioni. La Cei – precisa Grendene – aveva però dato la colpa della diminuzione di 100 milioni del contributo alla diminuzione del gettito Irpef, ma questo risulterebbe falso a leggere i dati sul sito del Dipartimento delle Finanze. A essere ripartiti nel 2022 risultano infatti 1.434.336.721 euro contro 1.412.556.164 euro dei dati definitivi per la ripartizione 2023. Un calo di soli 22 milioni. La verità è che – pur se protetta da un meccanismo iniquo e da un governo silente al punto di non chiedere ai contribuenti di scegliere ‘Stato’ per ottenere i fondi per le popolazioni colpite dall'alluvione – sempre meno contribuenti (meno del 28%) ritengono giusto finanziare la Chiesa cattolica con i fondi della fiscalità generale. Un segnale incoraggiante di cui non possiamo che rallegrarci».

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