Progetto Caritas-Otranto per riavviare l'ascensore sociale: «Aiutiamo a studiare i bambini in difficoltà»

Progetto Caritas-Otranto per riavviare l'ascensore sociale: «Aiutiamo a studiare i bambini in difficoltà»
di Franca Giansoldati
3 Minuti di Lettura
Sabato 25 Settembre 2021, 09:58 - Ultimo aggiornamento: 28 Settembre, 19:00

A Otranto la speranza del riscatto sociale per centinaia di bambini nati in famiglie fragilissime, altamente problematiche, spesso collocate ai margini economici è passato dall'amore profuso da un sacerdote e da un gruppo di volontari che, grazie ai fondi dell'8 per mille, hanno dato vita al progetto Davide. Un programma speciale di sostegno umano, didattico, psicologico. Ogni anno in questo progetto entrano 30 bambini e bambine, la maggior parte di nazionalità italiana.
«Tutto è partito 22 anni fa. Da allora a oggi, se facciamo i conti, sono stati aiutati a crescere, a studiare, a fare esami, a non abbandonare le scuole, oltre 600 bambini che nel frattempo sono diventati grandi. Alcuni sono riusciti a laurearsi, quasi tutti a diplomarsi. Una speranza concreta», racconta don Maurizio Tarantino, direttore della Caritas diocesana e fondatore di questa formula che unisce l'accompagnamento didattico all'accompagnamento umano.
Come è maturato questo percorso?
«Dai centri di ascolto che abbiamo in Caritas e da lì si sono poi sviluppati altri servizi. Durante i colloqui abbiamo capito che vi erano sacche di disagio consistenti e diversi minori in difficoltà. Parliamo di nuclei familiari difficili. I bambini faticavano a stare al passo con i compiti o a integrarsi. Questo ci ha permesso di entrare successivamente in punta di piedi anche nelle loro famiglie».
Praticamente lei e i volontari con il tempo avete cresciuto quasi 600 ragazzi?
«Esattamente. Chi entra in questo programma non viene mai perso di vista. È stato bellissimo vedere che alcuni di loro, una volta diventati grandi, hanno scelto di impegnarsi a fare da tutor. Forse non sono numeri grandissimi, ma per la nostra realtà è qualcosa che fa sperare. Il programma ha funzionato».
Fornite ai ragazzi anche materiale didattico?
«Tutto quello che può servire loro per studiare e crescere. Tante famiglie sono poverissime e non riescono a permettersi quasi nulla. Non sono solo famiglie straniere. Esistono realtà sommerse di italiani in difficoltà estrema, di povertà atavica. Rosmini definiva la carità culturale un atto importante. Non scordiamoci la lezione di don Milani quando diceva che se uno sa usare 200 parole ha più probabilità di trovare un lavoro e riscattarsi nella vita. Parlo, ovviamente, non solo di riscatto economico».
Con il denaro dell'8 per mille che altro realizzate?
«Tantissime cose: la mensa aperta 365 giorni l'anno, un servizio che è stato potenziato perché in questo periodo vi è un aumento di persone bisognose. Poi il servizio docce, il centro di ascolto che aiuta ad acquistare i farmaci a chi spesso non ne ha i mezzi, la casa rifugio per le ragazze vittime della tratta, gli aiuti per i padri separati in difficoltà e un ambulatorio che è diretto da una suora medico. Tante persone non hanno la possibilità nemmeno di accedere al servizio sanitario. In questo caso sono soprattutto stranieri».

© RIPRODUZIONE RISERVATA