Le accuse della Procura sono precise: secondo la ricostruzione non è stata fatta una radiografia del torace «in soggetto affetto da problematiche respiratorie», «esame che avrebbe evidenziato la reazione infiammatoria polmonare prodotta dalla presenza del corpo estraneo (l’ago, appunto, ndr) e che avrebbe pertanto sconsigliato l’esecuzione dell’operazione» dell’aprile 2022. Inoltre un’otorinolaringoiatra ha «deciso l’ingresso in sala operatoria del paziente senza attendere un congruo termine tra l’intervenuta positivizzazione al Covid-19 e l’esecuzione dell’operazione chirurgica». C’è poi la collega che avrebbe «omesso la comunicazione ai medici di sala operatoria dell’infezione da coronavirus» e ci sono due anestesiste che «in sede di esecuzione dell’operazione chirurgica, omettendo la corretta valutazione della complessiva cartella clinica e delle condizioni in atto, omettevano l’esecuzione di un preventivo – rispetto all’induzione dell’anestesia – esame radiografico del torace in soggetto affetto da problematiche respiratorie». «Omissioni – prosegue l’atto – che complessivamente determinavano l’ingresso in sala operatoria del paziente, l’induzione dell’anestesia in sala operatoria da parte delle anestesiste e il conseguente decesso di Bosco».
Secondo gli avvocati Giovanni Spina e Maria Bruna Pesci un paio di verbali di interrogatorio resi dai medici senza i difensori sono inutilizzabili: «Il Codice non ne prevede l'utilizzo - spiega Spina -. Quei verbali devono essere estromessi perché sulla base di alcune di quelle dichiarazioni la Procura contesta le imputazioni». Il fratello della vittima, la figlia di cinque anni e la compagna convivente attraverso l’avvocato Sara Falchi chiedono un risarcimento di oltre 1,3 milioni di euro. Si torna in aula il 28 febbraio: quel giorno, con ogni probabilità, si inizierà a parlare dei riti abbreviati.
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