Lucarelli: «Le scommesse? Facciamo come in Inghilterra e il problema non esisterebbe più»

Per il livornese servono regole più semplici e chiare: "La ludopatia è un problema per tutti. Sui calciatori possono influire le restrizioni di vita alle quali sono sottoposti. E non facciamo paragoni con 40 anni fa"

Lucarelli: «Le scommesse? Facciamo come in Inghilterra e il problema non esisterebbe più»
di Paolo Grassi
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Venerdì 20 Ottobre 2023, 17:32 - Ultimo aggiornamento: 18:47

Le leggi e le regole vanno sempre rispettate, Ma devono essere leggi e regole semplici, trasparenti e dirette. La cosa vale anche per la questione che sta tenendo banco in questo periodo nel calcio italiano, quella delle scommesse e delle giocate da parte dei calciatori sulle partite, o su piattaforme non legali. Ne è convinto Cristiano Lucarelli, ex calciatore e bomber del Livorno ed ora allenatore della Ternana in serie B, il quale dice la sua sulla vicenda. Secondo il tecnico ed ex attaccante livornese, si dovrebbe fare come in Inghilterra dove le eventuali giocate dei tesserati vengono monitorate. Ma chiede anche una maggiore attenzione nei messaggi mediatici e nella gestione delle notizie. «Altrimenti - dice - passa un messaggio non reale, come avviene con i paragoni con quanto successe a inizio anni Ottanta, quando in realtà non siamo di fronte alla stessa cosa». Scommesse da monitorare, ma anche un problema come la ludopatia da dover affrontare e che è in grado di colpire anche dei giovani e dei calciatori. Tanto più che questi ultimi si trovano a dover rispettare regole comportamenti imposti dalle società, senza poter avere gli stessi divertimenti e lo stesso tipo di svago che hanno altre persone della loro età. «Basterebbe fare come in Inghilterra - spiega Lucarelli -  dove un calciatore che gioca si apre un suo account collegato al proprio conto corrente e viene monitorato lì ogni tipo di giocata. Si risolverebbe il problema. La ludopatia è una malattia di tanti, non solo dei calciatori. Conosco tante persone che si sono rovinate la vita alle corse dei cavalli, o in bische clandestine. Che hanno perso patrimoni, per colpa del gioco d'azzardo. Mi meraviglio del fatto che, come al solito, si pensi che i calciatori siano dei "Supermen". Sono esseri umani anche loro e in una giornata in cui alla fine non si può andare in discoteca, né a cena fuori, né fare vita mondana, si cerchi altro da fare. Io, per esempio, non ho mai avuto questa tentazione. Al massimo, so giocare a malapena a burraco. Del poker non conosco nemmeno le regole. Ma non condanno che si mette a giocare. Ognuno coi suoi soldi, fa ciò che gli pare. Ma se lo fa nel rispetto delle regole, non c'è problema. Il fatto di creare una privazione, però, è già di per sé una tentazione. Se mi dici di stare in casa per un mese senza uscire, dopo tre ore mi viene la tentazione di uscire passando dal terrazzo. Basterebbe fare le cose nella maniera giusta». Per rafforzare il concetto di regole chiare e trasparenti che renderebbero tutto più semplice ed eliminerebbero pure situazioni sommerse e poco corrette, Lucarelli cita anche un altro esempio: «In Spagna, quando io giocavo lì, se all'ultima giornata di campionato c'era una squadra che si giocava qualche obiettivo importante e aveva bisogno di motivare un'altra squadra che non aveva più nulla da chiedere ma che affrontava una diretta avversaria, poteva dare a questa un incentivo alla vittoria e bastava farlo comunicando la cosa alla lega spagnola. In Italia, invece, negli stessi casi che facciamo? Andiamo in giro con le "valigette", per cercare di motivare altre squadre che affrontano le nostre dirette concorrenti a un obiettivo. Ecco, ci sono regole da altri paesi esteri. Se un calciatore vuole giocarsi 20 euro su una scommessa e non lo fa sulla squadra o sul suo campionato di pertinenza, pensate che possa alterare qualcosa?» Critica, poi, il modo con cui i media affrontano determinati temi, compreso questo dei calciatori che hanno presumibilmente scommesso: «Io ci sono passato - spiega - con la storia di mio figlio. L'informazione italiana è corrotta. Oggi sta passando un'immagine di "calcioscommesse". Ma in realtà, è un'altra cosa. Non si parla di "partite vendute", ma di calciatori che hanno scommesso i propri soldi giocando chi a black jack, chi a poker e via di seguito. Ho seguito dei programmi in tv e sembrava dovesse venire giù la fine del mondo. Che Massimiliano Allegri va al casinò, lo si sa da vent'anni. Come si sa che ci sono calciatori che giocano. No si è scoperta l'acqua calda. Hanno fatto vedere immagini di quarant'anni fa, quando ci furono gli arresti allo stadio Olimpico. Ma si parla di due cose completamente diverse». Serve, dunque, un percorso più semplice e meno tortuoso tra comportamenti e regolamenti: «In Italia c'è una regola. Se qualcuno l'ha violata, averlo fatto è già uno sbaglio. Ma andiamo anche a ragionarci, su questa regola. Io sono per la trasparenza. Poche regole, però chiare e trasparenti. Non supercazzole. Altrimenti, si crea una serie di malavita a latere che porta a fare delle scommesse clandestine. Perché il vero problema è fare scommesse clandestine. Se questi calciatori avessero avuto un account di gioco con il conto corrente come avviene in Inghilterra e avessero fatto scommesse, seppure con dei paletti e senza scommettere sulle loro squadre o campionati di pertinenza, il problema non si sarebbe posto. Le giocate sarebbero state costantemente monitorabili e non ci sarebbe stato nemmeno bisogno dell'arrivo del paladino della giustizia di turno». Poi, un altro esempio di come in Italia ci siano regole troppo cervellotiche: «Ci dicono che anche i nostri parenti non possono scommettere sul calcio. Ecco, se io avessi un parente di terzo o quarto grado a Montebelluna, magari mai visto e conosciuto in vita mia, cosa dovrei fare? Andarlo a cercare e dirgli di non scommettere sul calcio perché è mio parente? Ma come si fa? Inutile, inoltre, mettere regole che limitano l'azione ai calciatori, ma poi portiamo dei calciatori a fare i testimonial in pubblicità di agenzie di scommesse». Ma i calciatori, oggi, sono davvero dei ragazzi così annoiati, come si dice? «Brutto da dire ma purtroppo sì.

Se non sono le scommesse, è la playstation, o l'I-pad, oppure amicizie virtuali senza sostanza. Oggi, purtroppo, soprattutto in Italia, ai calciatori si chiede di essere lbotomizzati, di non avere altri interessi, di non parlare di nulla, di avere come unico scopo solo quello di andare in campo per una prestazione e vincere le partite. Se non si può fare nient'altro...Ricordate, cosa facevamo noi quando stavamo in casa per il Covid? Dovevamo trovare un modo per passare il tempo».

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