Ucraina, De Zerbi e il suo Shakhtar tra calcio e venti di guerra: «Per ora il campionato è confermato»

Ucraina, De Zerbi e il suo Shakhtar tra calcio e venti di guerra: «Per ora il campionato è confermato»
di Stefano Boldrini
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Martedì 22 Febbraio 2022, 22:00

Stanno tutti bene i nove componenti dello staff italiano dello Shakhtar, guidato dall’allenatore Roberto De Zerbi, ma la guerra alle porte e il riconoscimento da parte della Russia delle autoproclamate repubbliche popolari di Lugansk e Donetsk - celebrate stasera anche in un pub di Roma -, hanno alzato il livello di preoccupazione in una squadra di calcio – 13 titoli nazionali e 1 Europa League negli ultimi due decenni - costretta da anni a allenarsi a Kiev e a giocare a Kharkiv, la seconda città più popolosa dell’Ucraina, a 25 km dalla frontiera con la Russia. Qui, nello stadio Metalist – una delle sedi dell’europeo 2012 –, è in programma sabato il match di campionato degli arancioneri di De Zerbi – in testa a quota 47 dopo 18 giornate, + 2 sulla Dinamo Kiev – contro il Metalist 1925, decimo.

Si giocherà con questi venti di guerra? «Per ora è tutto confermato, non abbiamo ricevuto ordini diversi», racconta il preparatore atletico Agostino Tibaudi, alessandrino, 56 anni, uno dei più qualificati professionisti italiani nel suo settore, in passato due stagioni di lavoro in Russia, mentre in epoche più recenti al servizio di Sampdoria, Cagliari e Milan.

Tibaudi, come De Zerbi e il resto del gruppo, sta vivendo una situazione particolare, non solo per l’incertezza dello scenario ucraino, ma perché vivere a Kiev, con i colori dello Shakhtar, rende ancora più delicato il quadro generale. De Zerbi è stato contattato nelle ultime ore da diversi media italiani, ma il tecnico bresciano ha eretto un muro: anche una semplice parola sbagliata, in questo contesto, potrebbe creare problemi seri, soprattutto a chi vive in Ucraina da pochi mesi.

Lo Shakhtar continua ad allenarsi nel centro di preparazione olimpico, alla periferia di Kiev. I giocatori lavorano e tornano nelle loro case. Il gruppo più consistente è composto da ucraini (13 elementi), ma il nucleo più forte è quello dei brasiliani (11). La soglia di preoccupazione è aumentata dopo gli sviluppi delle ultime ore. Pensare al calcio in questo momento sembra quasi surreale. I giocatori sono in contatto con le loro ambasciate. Quella italiana avrebbe in un primo momento invitato lo staff tecnico a lasciare il paese, ma nessuno del gruppo di De Zerbi ha manifestato l’intenzione di partire e in una mail successiva la nostra rappresentanza diplomatica ha consigliato di fare scorte di cibo e acqua, oltre ad evitare gli spostamenti, limitandosi al tragitto casa-centro sportivo-casa.

I nove connazionali vivono in zone diverse. C’è chi ha scelto di abitare nel centro di Kiev, splendida città di quasi tre milioni di abitanti, fondata nel quinto secolo e chi, invece, ha preferito quartieri residenziali. Il tempo in queste giornate di fine febbraio è bello rispetto ai canoni di queste latitudini: sole, zero neve, temperature massime di 11 gradi. Una primavera anticipata, ma nonostante l’apparente normalità, ci si sta preparando alla possibile invasione dell’armata russa. Le mamme mandano a scuola i figli con gli adesivi che riportano il gruppo sanguigno. Gli orrori di una guerra sono già a Kiev.

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