Il calcio gioca contro tutti: altro altolà delle istituzioni. Rezza scatena le polemiche: «Da romanista fermerei tutto»

Il calcio gioca contro tutti: altro altolà delle istituzioni. La battuta di Rezza «da romanista fermerei tutto» scatena polemiche
di Emiliano Bernardini
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Martedì 14 Aprile 2020, 07:30

Oggi sarebbe potuto essere il giorno zero del calcio. O meglio quello del ritorno agli allenamenti. Molti presidenti di serie A, con in testa il laziale Lotito, hanno provato in tutti i modi a convincere il governo. E a dire il vero sul premier Conte erano riusciti a far breccia. Ma non è bastato. In questi giorni si sta lavorando per cercare di anticipare quel 4 maggio fissato dal Dpcm. L’obiettivo è quello di avere una deroga per far i test sierologici e le visite mediche dal 27 aprile. Obiettivo ambizioso. Certo come filtra da più parti il calcio avrebbe preferito più solidarietà dagli altri sport. E invece si è ritrovato a dover schivare diverse frecciate. Anche le istituzioni non hanno proprio teso una mano. Anzi. «Il calcio è il primo a dover dare l’esempio» ripetevano a Palazzo Chigi. Ieri l’ennesimo altolà. Stavolta durante il consueto bollettino delle 18, Gianni Rezza, direttore del dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità e componente del comitato tecnico scientifica a domanda precisa sulla ripresa del campionato prima si è lasciato andare ad una battuta: «Io da romanista manderei tutto a monte». Una boutade (poi la precisazione «era per sdrammatizzare») che ha alzato un vespaio di polemiche sui social e la risposta piccata del portavoce della Lazio, Diaconale. Rezza, poi tornando serio, ha sottolineato: «Se dovessi dare un parere tecnico non lo darei favorevole e credo che il Comitato tecnico scientifico sia d’accordo. Poi sarà la politica a decidere». Frase che ha trovato l’apprezzamento del presidente del Torino, Cairo. 

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SETTIMANA DECISIVA
E così il presidente Gravina si è trovato da solo a combattere. E non certo visto di buon occhio da chi i campionati li ha già fermati. Agitare continuamente lo spettro dei mancati introiti ha poi aizzato ancor di più la polemica. Ma va detto che la Figc non è proprio “libera” di decidere. La linea viene dettata in primis da Fifa e Uefa che nelle settimana scorse non hanno risparmiato diktat ben precisi: «Si devono concludere i campionati». Il numero uno di Nyon, Ceferin ha anche minacciato l’esclusione dalle prossime coppe europee per quelle federazioni che autonomamente decidessero di stoppare i campionati. Non a caso il Belgio ha fatto dietro front. Chiaro che tutto però dipenderà dall’andamento del virus, unica vera bussola in questo mare incerto e poi dalle decisioni del governo. Il calcio però gioca da solo. Davanti c’è una settimana fondamentale. Domani (oggi anche sono in programma colloqui) si riunisce la commissione medica della Figc che stilerà il protocollo di sicurezza, il giorno dopo c’è un tavolo di lavoro. Possibile si cerchi di stilare già un calendario. Le date sono quelle: il via l’ultimo week-end di maggio o il primo di giugno. Si giocherà ogni tre giorni, sempre di sera e a porte chiuse. L’obiettivo è terminare entro la metà di luglio. Ma non è un caso che più di qualcuno abbia cominciato a temere che il campionato non ripartirà. E già perché di franchi tiratori ce ne sono diversi. Lo dimostra la stessa serie A, spaccata più che mai al suo interno. I 20 presidenti remano ognuno verso il proprio interesse e mai verso il bene comune. 

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A PROVA DI COMPLOTTO
E così tra quelli che vogliono riprendere qualcuno ha anche avanzato qualche timone: «E se spuntasse un positivo?». Già, sarebbe un bel guaio. La commissione medica di domani proverà a dirimere ogni pericolo. «Un positivo? Difficile possa esserci visto che le squadre saranno in ritiri blindati e faranno test e tamponi ogni 3-4 giorni. Se proprio dovesse spuntare fuori potrebbe essere trattato come un infortunato» azzarda chi sta provando a scrivere le nuove regole. 

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