Un passo indietro è necessario, serve per capire l’oggi e, forse, il domani. Il 14 gennaio scorso, la Roma gioca a San Siro contro il Milan la sua il ultima partita con Mourinho in panchina. In campo, rispetto a ieri, i rossoneri presentavano dal primo minuto solo due giocatori diversi, Kjaer e Adli, mentre la Roma tre, Kristensen, Bove e Llorente. Questo la dice lunga come la rivoluzione di Daniele De Rossi non è stata tanto negli uomini, quelli erano e molti di loro ci sono ancora, ma nella testa, nell’atteggiamento, che sfocia poi pure sull’aspetto tecnico-tattico, il gioco, le giocate e il coraggio con cui si gestisce il pallone e si domina il campo. Se la Roma da quel 14 gennaio ad oggi ha subito una trasformazione netta, bisogna necessariamente attribuire il merito a Daniele De Rossi, che ha saputo rigenerare un gruppo che si era sgonfiato. La Roma in questi tre mesi scarsi ha avuto un’impennata e oggi è un piccolo capolavoro. A Trigoria oggi funziona di più trovare soluzioni più che denunciare problemi (che ci sono).
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I RISULTATI
Intanto i risultati in campionato l’hanno portata a ridosso del quarto posto, prima era malinconicamente nona. Poi, i due turni superati in Europa League e la prestazione, con tanto di successo, dell’altra sera a San Siro la fanno affacciare con un certo ottimismo sulla semifinale.
L’EQUILIBRIO
Bella, insomma, ma poco equilibrata. Ora sta subendo una nuova trasformazione: pur non rinunciando a giocare, la squadra incassa meno reti. Un po’ per la bravura del portiere, lanciato già da Mou a San Siro in quel Milan-Roma di gennaio e poi confermato da DDR, un po’ perché è migliorata la fase difensiva in toto, esempio lampante l’ultimo exploit del Meazza, con un gruppo capace di tenere il campo con una armonia e compattezza, concedendo agli avversari pochissime occasioni. L’unica partita nella quale la Roma ha subito tanto in termini di tiri verso la porta è a Lecce, dove è riuscita comunque a tornare a casa senza sconfitta e senza reti subite. De Rossi ha ripreso in braccio calciatori immalinconiti, su tutti Pellegrini, ma anche Paredes, ha dato un ruolo centrale ad El Shaarawy, utile sia come uomo d’attacco sia in fase difensiva, come lo abbiamo visto anche con Mou. Ma Stephan ora è un titolare a tutti gli effetti, preservato come i big fragili, tipo Spinazzola e Dybala. Il capolavoro di De Rossi non è a San Siro, ma è nei tre mesi, in questo percorso virtuoso che chissà dove potrà portare la Roma. Ciò che è certo è che questa squadra è tornata ad esistere, convinta delle proprie capacità, che nell’ultima fase di Mourinho non erano state espresse. E il calendario facile ora non è più la motivazione dei successi: le vittorie con Lazio e Milan lo dimostrano. De Rossi, per ciò che ha fatto, si è meritato la conferma. La palla passa alla proprietà.