Roma, dai Fori Imperiali al Maxxi hi-tech così cultura e tecnologia danno impulso al futuro

E' il polo museale più grande e ricco al mondo. Il Colosseo ritroverà la sua arena al Flaminio

L'ingresso del museo Maxxi
di Laura Larcan
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Sabato 17 Giugno 2023, 09:05 - Ultimo aggiornamento: 19 Giugno, 07:07

L'atmosfera fin de siecle del XIX secolo aiutò profondamente la rinascita culturale di Roma. Echi di romanticismo misti a febbre d’avanguardia. La magnificenza dell’area archeologica centrale cominciò a prendere forma. L’impresa di riportare alla luce i tesori del Foro Romano e del Palatino era ad un passo dal cominciare. La regia, fatta di intuito, passione e sogno, stava tutta nelle mani di Giacomo Boni, un po’ vate, un po’ dandy: fu lui a scrivere l’altro modo di essere archeologo, dirigendo gli scavi dal 1898 al 1925. Divenendo punto di riferimento per artisti e intellettuali, da Eleonora Duse a Gabriele D’Annunzio. Più accurato e scrupoloso, forse, di Heinrich Schliemann, ma altrettanto ambizioso. Era l’alba della modernità a tutti gli effetti. E le vestigia della Roma dei Re e dei Cesari tornarono a parlare. E pensare che Boni inaugurò anche la fotografia aerea al servizio dell’archeologia, sperimentando l’uso dell’aerostato all’alba del ‘900, molto prima dei droni dotati di laser scanner di oggi. La strada era aperta. 

L'impresa titanica di via dei Fori Imperiali 


L’anima di Roma è segnata dall’impresa titanica, se non colossale, dell’apertura di via dei Fori Imperiali, con la restituzione di templi e basiliche alla città, in quegli anni di ricerca infaticabile e rilancio dell’immagine culturale della Capitale tra il 1924 e il 1932. Le tracce archeologiche diventano protagoniste assolute con l’imponente demolizione del quartiere ottocentesco Alessandrino tra decine di aneddoti, come l’esercito di 1500 muratori, manovali e operai mobilitato per le demolizioni. Le viscere dei Fori Imperiali riaffiorano.
E il passato “avveniristico” di Roma, quello spirito di autentica modernità all’alba del ‘900, sembra oggi accompagnare lo sguardo di una città verso il futuro. Verso una cultura del museo e del patrimonio del terzo millennio che punta ad una ricerca, alla combinazione sana di arte e tecnologia, di archeologia e scienza. L’anima è intatta, così come sarebbe piaciuta a Giacomo Boni, ma i connotati possono riscriversi nel rispetto della storia. Un esempio? Al Foro di Traiano, dopo duemila anni, si stanno ricostruendo le ciclopiche colonne originali della Basilica Ulpia (la più grande basilica imperiale di Roma) assemblando come puzzle i frammenti dei blocchi di marmo. 
E il Colosseo, monumento simbolo di Roma e dell’Italia. È qui che si sta portando avanti l’operazione “epica” di ripristinare l’arena, l’originario piano di calpestio degli spettacoli, che sarà realizzata a maggio del 2025, per accompagnare le celebrazioni del Giubileo. Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano «ha confermato tutti i grandi progetti di tutela e valorizzazione programmati» per l’Anfiteatro Flavio.

Siamo di fronte ad un sofisticato meccanismo di lamelle in carbonio, rivestite di legno, che in mezz’ora ricompatteranno i 3000 metri quadrati del leggendario “palcoscenico” dei gladiatori.

Il rilancio culturale 


E coniugare architettura e scienza è il leitmotiv di una Roma che punta al rilancio culturale. È il caso del Maxxi, il Museo per le Arti del XXI secolo in via Guido Reni. La seconda vita dell’astronave disegnata dall’archistar Zaha Hadid, dopo dieci anni di storia cittadina, ha il suo traguardo e passa incredibilmente per la tecnologia, le energie rinnovabili e il biologico. 
Utopia? Mica tanto. Il progetto oramai avviato è quello di creare un nuovo edificio hi-tech, con tanto di tetto giardino pensile, che diventi un hub sostenibile e multifunzionale rivolto alla ricerca ispirata dalle potenzialità del digitale, e una nuova area verde plasmata da artisti e agronomi in cui possa fiorire un orto urbano al servizio (anche) di ristoranti e punti ristoro del Museo. Ci sono già i fondi (20 milioni di euro), la nuova area delle ex caserme è stata già consegnata dal Ministero della Difesa, e il Concorso internazionale di idee che ha raccolto 103 proposte provenienti da gruppi di progettazione multidisciplinari, tra le quali è stato selezionato il gruppo di progettisti guidato dallo studio italo-francese LAN. Il cronoprogramma di quattro anni resta confermato.
«In questo modo, il Museo getta le basi per il futuro - commenta Alessandro Giuli presidente della Fondazione Maxxi - partendo dalla profonda immersione nella contemporaneità delle arti e della creatività, necessaria per ridefinire il suo ruolo nella società dei prossimi anni. L’obiettivo è di scardinare l’idea di un’istituzione chiusa in se stessa, attraverso l’apertura alla città di nuovi spazi e attività con un progetto di rigenerazione urbana. Sarà l’occasione per una profonda ridefinizione anche degli spazi esterni - continua Giuli - con interventi coordinati volti a mitigare l’impatto ambientale dell’edificio grazie all’inserimento di tecnologie sostenibili, alla realizzazione di un’isola microclimatica e di un nuovo asse di verde urbano rivolto al quartiere e alla città di Roma».


Al fianco del Maxxi, il Comune di Roma rinnova l’impegno per il progetto della Città della Scienza nelle ex caserme di via Guido Reni con un comitato che ha visto protagonista persino il premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi. L’idea è quella di un polo hi-tech nel quadrante Flaminio che possa conservare e valorizzare la memoria della storia e dei progressi scientifici. L’operazione, con un valore di 75 milioni di euro, è avviata. Il Concorso internazionale ha raccolto settanta proposte progettuali, passate al vaglio della commissione presieduta dall’archistar Daniel Libeskind. E i cinque finalisti sono stati già individuati, in attesa ora della proclamazione del vincitore prevista a fine luglio. L’ambizione è alta: trasformare questa porzione di città in un esempio di rigenerazione urbana nazionale e internazionale. Quando si dice, la forza attrattiva della cultura. 
 

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