De Gregori, quel concerto per 200 persone e il valore delle emozioni ritrovate

De Gregori, quel concerto per 200 persone e il valore delle emozioni ritrovate
di Maria Latella
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Domenica 27 Settembre 2020, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 22:53
È successo venerdì sera. In duecento abbiamo sperimentato il ritorno a emozione pre Covid. E in tanti abbiamo capito la differenza tra prima e oggi. Prima avevamo vite con un catalogo infinito di esperienze da vivere anche collettivamente. Bastava scegliere. Oggi, almeno per ora, non è così. E se ti capita la fortuna di poter vivere un momento “come prima” devi stare attento, trattarlo con delicatezza, quel momento. Con prudenza.

Quando sul palco del cineteatro Odeon di Catania, un prezioso gioiello Deco, Francesco De Gregori attacca “Viva l’Italia, l’Italia del valzer e l’Italia dei caffè, l’Italia con gli occhi asciutti nella notte scura, l’Italia che non ha paura” i duecento ammessi in un teatro che ne terrebbe mille sentono di essere dentro un momento speciale. 

Eravamo emozionati. Noi in platea e loro, i musicisti, sul palco. Noi con la mascherina e lui pure, De Gregori, non sul palco ovviamente ma dopo il concerto sì, quando si ferma a chiacchierare ha una mascherina di stoffa blu. Come succede in questo autunno 2020, quando ci si rivede dopo tanto tempo, si parla ovviamente di una cosa sola: cosa hai fatto, dov’eri durante il lockdown. Lui a Roma, più o meno a fare le cose di sempre: “Leggevo e andavo a fare la spesa”.

Le mascherine sul viso, il distanziamento, il fatto di essere in pochi per obbligo e non per scelta, fanno parte dell’oggi, del nuovo presente. Invece il concerto, i musicisti sul palco, fanno parte di quel che si poteva fare prima, quel “prima” che non sapevamo se e quando sarebbe tornato. Ecco, il passato torna, e almeno per una sera torniamo anche noi a condividere le emozioni con un certo numero di altri esseri umani. Bella sensazione.

Condividiamo gli applausi. Con gli altri cantiamo “Buonanotte fiorellino” fieri di ricordarne tutte le parole e mentre De Gregori intona “Pezzi di vetro”, “ferirti non è possibile, morire meno che meno mai”, capita di commuoversi con Giuseppe Ayala, col capogruppo dei 5 Stelle a Bruxelles Fabio Massimo Castaldo, con Marco Tardelli e pure con i produttori Camilla e Pietro Valsecchi, tutti ospiti del festival di geopolitica Mare Liberum che ha appunto avuto come gran finale il concerto di De Gregori.

Così, di colpo capisci che questa sera è speciale per tante ragioni: perché Claudio Corbino e la sua associazione “I Diplomatici” hanno tenuto duro e organizzato il festival nonostante tutto. Perché a un certo punto sul palco arriva “un mio amico che suona bene il pianoforte” dice De Gregori e l’amico è Checco Zalone e i due suonano insieme.

È una serata speciale perché speciale è Francesco De Gregori che nelle sue canzoni ha tanto visto e previsto, perfino “l’Italia che va sulla Luna” e ci va davvero, sulla Luna il nostro Paese, l’altroieri hanno firmato il protocollo d’intesa con gli Stati Uniti. Però De Gregori lo cantava già nel 1979.

Tutte buone ragioni. Ma venerdì sera, a Catania, la cosa veramente speciale è stato capire la differenza tra il prima e l’oggi. E riconoscere il valore di certe emozioni che per anni lasciavamo lì, come se fosse scontato poterle recuperare riprendendo il catalogo quando ci andava.

Tornare a viverle ora è possibile. Ma solo se non si dimentica che potremmo perderle di nuovo.
 
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