Controllore del bus Atac pestato da un albanese (senza biglietto né documenti) a Roma: l'aggressore a processo per resistenza e lesioni

La difesa dello straniero: "Ci hanno fatto scendere come se fossimo ad Auschwitz"

Controllore dell'autobus Atac pestato da un albanese (senza biglietto né documenti): l'aggressore a processo per resistenza e lesioni
di Giulio Pinco Caracciolo
4 Minuti di Lettura
Venerdì 23 Febbraio 2024, 10:17 - Ultimo aggiornamento: 16 Aprile, 08:07

Quello che poteva essere un normale controllo del titolo di viaggio di un passeggero a bordo del bus numero 163 in direzione Tiburtina, si è trasformato in una violenta lite degenerata una vera e propria aggressione ai danni di un controllore Atac. Sul banco degli imputati con l'accusa di lesioni e resistenza a pubblico ufficiale è finito E.J. albanese 55enne di origini scozzesi, naturalizzato italiano. «Era il 3 novembre 2019, il signore era senza biglietto e senza documenti - racconta la vittima in aula - e così l'ho fatto scendere insieme ad altri passeggeri, ma lui ha subito avuto un atteggiamento aggressivo, mi è venuto vicino e mi ha detto che nessuno si era mai permesso di fargli un verbale in Italia». Il controllore, in qualità di pubblico ufficiale, vuole svolgere il suo lavoro nonostante la provocazione. I toni iniziano a inasprirsi e la tensione aumenta.

Autobus Atac buca pallone, ragazzo lo insegue poi provoca un incidente e aggredisce l'autista

IL PUGNO

Poi all'improvviso un pugno sferrato in pieno volto mette a terra la vittima. «Mi ha tirato un cazzotto dal nulla mentre stavamo discutendo - continua l'uomo sollecitato dalle domande del pm - e qualcuno ha chiamato i carabinieri». In molti assistono alle scena, prestano i primi soccorsi e tentano di calmare l'imputato. Intanto arriva un'ambulanza. Ed è qui che la vicenda, secondo la vittima, prende una svolta inaspettata: «Quando sono arrivate le forze dell'ordine, un carabiniere invece di andare dal signor E.J. è venuto da me e mi ha chiesto i documenti. Pensavo che avessero chiamato l'ambulanza per me, invece poi ho capito che era stato proprio il carabiniere a chiamare l'ambulanza, ma per l'imputato. Io sono andato in ospedale il giorno dopo e ho un referto con prognosi di tre mesi».
Il controllore a qual punto va su tutte le furie e si rifiuta categoricamente di fornire le generalità, assumendo a sua volta un atteggiamento aggressivo nei confronti del militare. Fatto che porta all'apertura di un procedimento penale a parte con un'ulteriore denuncia da parte del carabiniere nei confronti del controllore per resistenza.
«Non era un pugno, ma una solo una manata! Tutto falso» sbotta gridando l'imputato in un impeto di rabbia improvviso durante la testimonianza del dipendete Atac.

Un urlo che fa letteralmente sussultare il giudice.

Roma, senza biglietto prende a pugni il controllore che finisce in ospedale: paura sulla linea 507

BAGARRE IN AULA

E così, nell'austera aula del tribunale monocratico di piazzale Clodio, va in scena una bagarre "fantozziana". L'avvocato di E.J. gli tappa la bocca con un gesto fulmineo e tenta di zittirlo, ma niente da fare. L'imputato sbraita contro tutto e tutti - giudice compreso - in un italiano con spiccato accento scozzese. Sembra inevitabile l'intervento delle forze dell'ordine, si arriva a un passo, ma il 55enne decide di spontaneamente di uscire dall'aula per poi tornare qualche minuto dopo. Stavolta con la facoltà di parlare e di rilasciare dichiarazioni spontanee a un giudice visibilmente irritato. «Allora ragazzi, adesso posso parlare finalmente - dice l'imputato - quel giorno stava per piovere e i controllori avevano fretta. Ci hanno fatto scendere come se fossimo ad Auschwitz, c'erano tanti stranieri. Io sono stato operato due volte alla testa e mi hanno ricostruito parte del cranio, a volte ho mal di testa e stavo andando all'ospedale per fare una visita. I controllori sono troppo aggressivi, prima della pandemia ancora di più. Io ho solo spostato il controllore con una manata, non ho tirato un pugno. Tutto falso quello che ha detto, per questo non posso stare dentro l'aula a sentire cose non vere. Amo l'Italia più degli italiani, ma per alcune cose sembra di stare in Albania nel '97».

© RIPRODUZIONE RISERVATA