Rieti, la Fondazione Varrone: «Lavoriamo per avviare una università diversa»

Antonio D'Onofrio
di Antonio Bianco
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Martedì 8 Giugno 2021, 00:10

RIETI - «Una nuova università a Rieti». Per il presidente della Fondazione Varrone, Antonio D’Onofrio, è arrivato il momento di aggiornare l’offerta accademica nella città capoluogo. Tanto da definire la Sabina universitas «il passato». E davanti ai giornalisti accorsi alla conferenza stampa spiega il perché: «Il consorzio è il passato perché è una concezione dell’università che non c’è. Tutti hanno individuato nel consorzio anche l’università, ma noi dobbiamo fare un’operazione che guardi al futuro. Con questo non voglio dire che la Sabina universitas debba essere chiusa, sto dicendo che il consorzio deve essere sistemato, perché non è giusto che una società di quel genere abbia un costo dei servizi così alto. Venti milioni in dieci anni sono troppi».

Le prospettive
Il numero uno della Fondazione spiega anche cosa dovrebbe avvenire in questa fase di transizione: «Diamo al Comune il tempo di rimettere i soldi (D’Onofrio parla di circa 718mila euro di pregresso per Palazzo di città e 879mila per la Provincia, ndr), diamo la possibilità al consorzio di non trovarsi come nel 2017, che era in default, e poi man mano facciamo la nuova università.

E il consorzio a quel punto le potrà fornire i servizi». Una nuova università con gli stessi corsi? Chiede Il Messaggero. «Che ci sia ingegneria in inglese a Rieti va bene - replica - la qualità di questo corso è sicuramente eccellente, però intercetta 90 studenti. Il corso della Tuscia ne intercetta meno di quaranta. Stiamo parlando di 120/130 studenti. Questo è l’impatto dell’offerta formativa su Rieti». D’Onofrio parla anche dei 390 studenti dei corsi sanitari gestiti dalla Asl reatina: «Anche in questo caso parliamo di un’offerta di qualità, ma non adeguata a poter parlare di una università a Rieti». Dopodiché spiega quale sia la sua idea: «Credo che qui ci dovrebbero essere delle facoltà che siano attinenti al territorio. Qual è la prospettiva che abbiamo? Un must su cui puntare potrebbe essere il turismo e i beni culturali. Mi sembra che ci sia anche un’agricoltura di livello, abbiamo l’Ibm». D’Onofrio pensa a una sede distaccata della Sapienza. «Noi vogliamo un’offerta formativa - sottolinea - che sia degna di questa città. Abbiamo due corsi di qualità, uno in scienze della montagna, l’altro di ingegneria in inglese, ma lontano non andremo». L’obiettivo è avere una «vera università». «Noi dobbiamo avere pari dignità, come hanno altre province laziali. A Latina c’è una sede della Sapienza, così come a Frosinone. A Viterbo hanno la loro università. Perché noi dobbiamo pagare i corsi e tutti gli altri hanno un’università? C’è bisogno che alziamo il tiro, la povertà di questo territorio è dovuto al fatto di non aver avuto il coraggio di sparare alto. Noi della Fondazione siamo disposti a metterci le persone e i soldi». E par fare tutto questo il presidente D’Onofrio si appella alla città «a tutti quelli che contano». «I quali devono stare seduti a questo tavolo perché tutti devono contribuire a portare l’università a Rieti: se ci riusciamo, una sede universitaria. Per dare la possibilità a questo territorio di essere pronti alla ripartenza», dice. E infine ritorna sulle dimissioni di Lorenzetti. «Se ho commesso un errore è stato quello di indicarlo per quel ruolo: un conto è essere uno studioso pure di indubbio valore, altro è saper gestire dinamiche societarie, peraltro di questa complessità. Il consorzio non finisce con lui: c’è un vicepresidente che ne assumerà la guida e andiamo avanti».

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