RIETI - «Chiudere o ridurre la presenza dell’università a Rieti equivarrebbe a condurre a morte certa tutta l’attività di ricerca che il Centro sta portando avanti da oltre un decennio e vanificherebbe gli sforzi compiuti per accreditare il Centro presso il mondo scientifico italiano e internazionale». Il grido di allarme, nei giorni in cui la sopravvivenza del polo universitario è posta in discussione, arriva dal dottor Costantino Santacroce, uno degli ideatori del progetto di ricerca sull’estrazione delle cellule staminali dai denti di giudizio, da destinare alla riparazione di lesioni muscolari o alla cura di malattie degenerative: studi che rappresentano un’eccellente fonte di “staminali mesenchimali adulte”, secondo una corretta definizione medica, con lo scopo di costituire a Rieti una Biobanca per la conservazione delle cellule staminali. Il ricercatore conosce bene la realtà universitaria reatina per aver fatto parte del consiglio di indirizzo della Fondazione Varrone (oggi è socio dell’assemblea) negli anni in cui il polo prendeva forma, e segue il Centro che si trova nella sede della Sabina universitas, che ne è la proprietaria.
Le osservazioni
I progetti di ricerca sono stati oggetto di 8 pubblicazioni sulle più importanti riviste mediche specialistiche internazionali e, alla vigilia di scelte importanti sul futuro del Consorzio, l’odontoiatra Santacroce rilancia: «Occorre capire che l’università a Rieti non sono solo gli attuali corsi di agraria, ingegneria della montagna e scienze sanitarie, ma c’è anche questa realtà di ricerca che ha ottenuto l’iscrizione al Miur nel 2011.