Rieti, telefonisti e “assaltatori”: ecco come gli anziani cadono truffati

Truffe
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Domenica 4 Giugno 2023, 00:10

RIETI - Uno, due, tre. Anche quattro casi segnalati a settimana. Non tutti vanno a buon fine, molti altri, soprattutto se falliti, neppure vengono portati a conoscenza dai diretti interessati. Un fenomeno che sta diventano una vera e propria piaga sociale, nel Reatino assurto a livelli parossistici. Parliamo delle truffe via telefono in danno degli anziani. Un malcostume letteralmente esploso nell’ultimo anno, dopo essere stato tenuto a freno, per un biennio, dal covid imperante. Ma tornati tutti liberi, la macchina del raggiro è tornata a ruggire prepotentemente. Ingigantita ora dalla crisi dilagante che, in proporzioni diverse, non risparmia nessuna famiglia.
Ma cosa c’è dietro questo fenomeno? Come è possibile cadere così facilmente nel tranello del parente rimasto vittima di un incidente o del pacco per il nipote che deve essere urgentemente ritirato, dietro il pagamento di una ingente somma? Una serie di elementi raccolti dagli investigatori reatini, messi in fila uno dietro l’altro, riescono a fornire una risposta veritiera, reale su un mondo letteralmente esploso negli ultimi anni e che sta diventando sempre più diffuso. 
La cronaca di tutti i giorni racconta di persone, soprattutto anziane, che nel giro di pochi secondi vengono raggiunte al telefono, messe al corrente di un grave fatto che ha interessato un figlio, un parente, un nipote, e poi derubati di denaro contante, oggetti preziosi, gioielli. A volte, con bottini anche molto, molto sostanziosi. Ma come fanno i truffatori a individuare la vittima, a sapere che il figlio si chiama proprio in quel modo, che è fuori casa con la macchina e ad evitare che quella persona, presa dallo spavento, tenti di avere conferma di quanto le stanno raccontando, chiamando un’altra persona cara?
LA TECNICA
Le strategie dei truffatori sono diverse ma, fra le tante, una tra le più “efficaci” è quella ricostruita in una serie di indagini relative agli ultimi episodi registrati in città. Si parte dalle telefonate a tappeto e da una considerazione: il telefono in casa – molto spesso – ce l’hanno le persone più avanti con gli anni. Qui entrano in ballo le “batterie” di telefonisti che dall’elenco telefonico selezionano qualche decina di nomi e numeri e iniziano a chiamare, annotando la zona di residenza. Dalle indagini effettuate, queste telefonate – nella stragrande maggioranza dei casi – partono da zone della Campania. Le telefonate, spesso camuffate da operatori che si fingono lavorare per un call center o di una compagnia di servizi, servono a “scremare” le prime potenziali vittime che vengono individuate in base a un semplice dato: la possibile età di chi risponde all’altro capo della cornetta. Se si capisce che si tratta di qualcuno avanti con gli anni, quel nome viene inserito in un secondo elenco.
La fase due è quella operativa: ai telefonisti si aggiunge chi va fisicamente sul posto relativo alla “zona rossa” che è stata selezionata. Quindi, mettiamo il caso, nel quartiere di Campoloniano, arrivano i truffatori che entreranno poi in azione. In questo caso si tratta sempre di almeno due o tre persone.
Quando scatta, la trappola funziona così: il telefonista chiama il numero selezionato e all’interlocutore riferisce che – ad esempio – suo figlio ha avuto un incidente d’auto. Qui entra in scena l’abilità del telefonista che, da un dettaglio, riesce a costruire una storia credibile. Perché magari chi risponde al telefono, reagisce smentendo quella ricostruzione. E allora la telefonata finisce lì. Ma se il malcapitato dice: «Chi, Paolo?», allora il truffatore mette in atto tutta la teatralità del caso. «Sì, Paolo». 
E qui, viene illustrata la dinamica dei fatti, la gravità della situazione e la richiesta di denaro. L’anziano viene preso alla sprovvista, terrorizzato, messo alle strette. E alla richiesta di denaro non riesce ad opporsi. Nel frattempo, il complice sul posto è avvisato dell’indirizzo e di quello che è emerso dalla telefonata e in pochi secondi si presenta alla porta, sempre più spesso con un complice a fare da palo. Il telefonista, intanto, non abbassa il telefono, tenendo così occupata la linea e impedendo alla vittima di avvisare qualche altro familiare, a meno che non abbia la disponibilità di un cellulare e la prontezza di usarlo. Sempre a patto che il complice non abbia già suonato alla porta. Perché se questo accade, la truffa è compiuta. E anche in questo caso, vale l’abilità e la velocità di chi si è presentato di riuscire a farsi consegnare quanto più possibile. Tutto avviene nell’arco di pochi minuti durante i quali la vittima è in uno stato emotivo di assoluta fragilità, di impotenza, di estrema prostrazione.

La fuga. Arraffato il malloppo, il truffatore sparisce, spesso con una terza persona, l’autista.

A meno che – come già accaduto in città – gli investigatori non siano stati in qualche modo avvisati o si trovino sul posto, notando qualcosa di strano. Ma come difendersi da queste che sono aggressioni psicologiche vere e proprie? Diffidando di telefonate come queste e cercando sempre – nonostante l’ansia del momento – di trovare conferma ad eventuali racconti drammatici. Spesso, sempre, sono delle menzogne, messe in atto ad arte per truffare. Semplice a dirsi, molti più difficile da attuare.

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