RIETI - Ancora una storia di malasanità che arriva dall'ospedale reatino del San Camillo de Lellis. Questa volta a farne le spese è un bambino di appena tre anni e mezzo che, per convenzione, chiameremo Matteo.
Il racconto. Martedì Matteo era a scuola e nella classe, insieme alle maestre e i suoi compagni, stava eseguendo degli esercizi con la lavagna elettronica, la Lim. Alzandosi per interagire e rispondere alle domande delle insegnanti, Matteo inciampa e cade a terra, lamentando da subito un dolore nella parte sinistra del viso. Le maestre intervengono immediatamente applicando il ghiaccio nella parte dolorante e chiamando immediatamente i genitori che, una volta arrivati a scuola, riprendono il bimbo e si recano in ospedale. Al pronto soccorso del de Lellis il triage è immediato.
Nel frattempo, però, Matteo avverte dolore anche a una spalla.
La mamma, chiaramente, trattandosi di un bimbo vivace che a tre anni e mezzo è iper attivo nel corso della giornata, chiede al medico se è possibile ogni tanto togliere il fazzoletto e lasciare l’arto libero e la risposta è affermativa.
La scoperta. Ma Matteo, nonostante la diagnosi, nonostante gli antidolorifici prescritti, trascorre una notte insonne e con lui anche i genitori. «Non si è fatto togliere nemmeno la maglia - racconta la mamma - ed è stato un pianto continuo per tutta la notte, tnto che la mattina successiva, con mio marito abbiamo deciso di recarci al pronto soccorso dell’ospedale Bambin Gesù di Roma, dove Matteo è stato subito preso in carico e contestualmente ci è stato chiesto di mostrare gli esami effettuati a Rieti».
Ma a Rieti esami strumentali, come detto, non ne erano stati fatti e lo stupore dei medici del nosocomio romano sono espliciti. «Come hanno potuto parlare di forte contusione senza averla prima verificata?», si chiede un medico.
Morale della favola: Matteo viene immediatamente sottoposto a raggi e la lastra evidenzia una frattura composta della clavicola sinistra, per la quale è servita una fasciatura immobilizzante che il bimbo dovrà portare per un mese filato, dopodiché per i successivi 60 giorni dovrà evitare il più possibile di subìre colpi accidentali o cadute per consentire all’articolazione di guarire del tutto. «Siamo sinceramente esterrefatti - conclude la mamma di Matteo - non è possibile ritrovarsi in queste condizioni, rispetto alla sanità, in un capoluogo di provincia. Sicuramente, prenderemo in considerazione azioni legali, laddove dovessero essercene i presupposti, perché passare da una diagnosi di contusione a una frattura ce ne passa». E anche tanto.