Rieti, le lettere di Enzo Tortora
dal carcere alla compagna
nel libro presentato a Vazia

La presentazione
di Giacomo Cavoli
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Domenica 5 Febbraio 2017, 00:16 - Ultimo aggiornamento: 00:24

RIETI - Le accuse infamanti, la detenzione ingiusta, il prezzo della libertà pagato con la vita. A 29 anni dalla scomparsa - stroncato dalla malattia nel maggio del 1988 - la vicenda giudiziaria di Enzo Tortora non smette di far discutere. A tenere alta l'attualità dell'errore giudiziario che coinvolse uno dei volti televisivi italiani più noti sono ora le lettere che, fra il 1983 e il 1984, prima dal carcere di Regina Coeli e poi da quello di Bergamo, Tortora inviò quasi quotidianamente a Francesca Scopelliti, sua compagna di vita che, nel 2016, quasi tutte quelle epistole ha deciso di racchiuderle nelle "Lettere a Francesca", pubblicate da Pacini Editore. A Rieti, la presentazione del libro sabato mattina, nella sala convegni della casa circondariale di Vazia, con l'appuntamento ideato dalla Camera Penale di Rieti.

LETTERE AMARE    
"Dopo oltre settanta presentazioni in tutta Italia, questa è la prima volta all'interno di un carcere", ha esordito la Scopelliti, affiancata dal presidente della Camera Penale di Rieti, Morena Fabi, e da Marco Arcangeli, consigliere dell'Ordine forense reatino. L'intimità della corrispondenza, nelle lettere di Tortora, si amalgama alla necessità di resistere ad una gogna immeritata, da parte sua e della stessa Scopelliti - come lui chiede a lei, in quasi ogni riga - ricordando di come abbia trovato più amici fra i compagni di cella che non fra i 28 milioni di telespettatori che una singola puntata di Portobello riusciva a tenere incollati alla tv. "La decisione di pubblicare queste lettere ad oltre trent'anni di distanza nasce dalla volontà di continuare a portare avanti l'attività della Fondazione Enzo Tortora - ha proseguito la Scopelliti - della quale Enzo mi chiese di occuparmi quando capì che non ce l'avrebbe fatta.

Ho conosciuto l'esperienza del carcere dalle sue parole, e ho assunto l'incarico di testimoniare per chi non ha voce: in Italia la classe politica è poco acculturata, c'è mancanza di coraggio e volontà per comprendere realmente quale sia il problema della detenzione, ma in uno stato di diritto il carcere non può essere l'isola che non c'è. Quello di Enzo non fu errore, ma crimine giudiziario, che cominciò quando non ci fu la volontà di scarcerarlo per non far cadere l'impianto della maxi-accusa che lo vedeva coinvolto".
 
RESPONSABILITA' E MEDIA
A dare il via alla discussione del libro, la lettura degli stralci di alcune lettere di Tortora da parte dei detenuti della casa circondariale intervenuti all'evento, proseguito non senza una vena polemica: "Ad un incontro sul tema dell'errore giudiziario mi sarei aspettata la presenza in sala di almeno un magistrato - ha commentato l'avvocato Fabi - Viste poi le recenti dichiarazioni del presidente dell'Anm, Piercamillo Davigo, che rovesciano il punto di vista, quando invece oggi si insiste molto nel poter attribuire la responsabilità dell'errore ai magistrati". "Oggi i processi sono celebrati sui media - ha proseguito la Fabi, riprendendo il discorso della Scopelliti - ma così facendo, costruiscono una verità distorta, fuorviante: anche il primo presidente della Corte di Cassazione, Giovanni Canzio, nel corso dell'inaugurazione dell'anno giudiziario ha ribadito la necessità dello stop ai processi mediatici".
 
"La casa circondariale di Rieti offre diverse attività per aiutare il reinserimento dei detenuti (non ultima, la presenza dei detenuti nella giuria del Premio Letterario Città di Rieti, ndr) - ha spiegato la direttrice della struttura, Vera Poggetti - ma sarebbe necessaria una maggiore integrazione fra la città e il nostro ambiente: troppo spesso c'è una percezione sbagliata nei confronti di chi si trova qui dentro".
 
In platea, insieme al presidente del consiglio comunale di Rieti Giampiero Marroni, c'era anche Sergio Pirozzi e il suo caustico umorismo ("Sono qui per prendere le misure delle celle"): da destinare ad Amatrice, il contributo raccolto da parte degli avvocati dell'Ordine reatino.

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