Rieti, la porchetta di Cotilia premiata dall’Accademia italiana della Cucina

Enzo Crosti e il chiosco a Cotilia
di Sabrina Vecchi
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Venerdì 19 Maggio 2023, 00:10

RIETI - Maiale di provenienza certificata, sale, pepe, aglio e rosmarino. Nulla di più, oltre a una cottura speciale, per la porchetta dei fratelli Crosti, tra le attività che saranno premiate dalla delegazione di Rieti dell’Accademia italiana della Cucina, con il riconoscimento dedicato a Massimo Alberini. «Ne siamo felici, ci stanno arrivando tanti messaggi», spiega il titolare Enzo Crosti. Difficile non essersi fermati almeno una volta davanti al suo chiosco di Cotilia, per un panino «con tanta crosta» e una bevuta di acqua sulfurea.

La storia. C’era solo lo stabilimento termale, quando il fratello Sandro decise di aprire un piccolo punto di ristoro. Era il 1971: «Mandarono via gli ambulanti da Rieti, poi da Cittaducale - spiega Enzo - per cui mio fratello si mise qui, dall’altra parte della strada. Comprese che c’era transito e ci restò». Il laboratorio è sempre rimasto nella nativa Cantalice, dove i genitori Quirino e Margherita nel primo dopoguerra aprirono l’attività: «Ai tempi facevamo solo porchetta, poi a fine anni ‘60 abbiamo aperto una macelleria rimasta fino agli anni ‘90. Lì, in piazza della Repubblica, c’è ancora il laboratorio dove lavora mio figlio Alessandro». Enzo si sposa con Roberta e iniziano entrambi a lavorare a contatto con il pubblico, a ridosso delle Terme. «Nel 2010 è morta mia madre, nel 2011 mio fratello, dopo soli tre mesi in un brutto incidente è morto Andrea, che lavorava con noi ed era come un fratello. Sono rimasto solo e non avevo mai fatto la porchetta, ma dopo aver osservato una vita mi sono reinventato subito». Mamma Margherita condiva senza pesare, tutto “a occhio”, ma i figli seppero rubarle il mestiere. «Pesavamo prima i prodotti e poi li ripesavamo per capire le dosi: a forza di farlo abbiamo compreso tutto». E si deve a Sandro e Margherita l’idea di rendere la porchetta più digeribile e meno speziata: «Un tempo era un cibo da osteria, molto saporito e pesante.

Loro hanno diminuito il sale e gli aromi, è diventata un cibo anche per anziani e bambini. La tenerezza della carne è invece dovuta a una cottura molto lenta: la inforniamo alle 15 e la tiriamo fuori alle 7 del mattino dopo. Poi controlliamo la cottura, alziamo la temperatura e la rimettiamo in forno per pochi minuti. Questo procedimento consente di asciugarla e far arricciare la crosta. Spesso passano personaggi noti della politica, dello sport o dello spettacolo, si scherza mentre mangiano il loro panino». Oggi il chiosco è aperto tutti i giorni e con Enzo e Roberta lavora anche Mirko: «È un collaboratore prezioso, responsabile e cortese con i clienti: verrà anche lui in Camera di commercio a ritirare il premio, è un merito di tutti». Tra i ricordi, quelli legati al terremoto del 2016, dove qui passavano tutti: «I clienti romani che avevano le seconde case ad Accumoli, Arquata o Amatrice arrivavano terrorizzati per i parenti. Li abbiamo aiutati come potevamo insieme ai colleghi della zona: con loro abbiamo vissuto momenti di spensieratezza, con loro abbiamo condiviso la tragedia». Per il futuro, i propositi sono quelli portati avanti dai genitori: «Proseguire a fare un prodotto di qualità, senza mai snaturare le nostre origini». E senza dimenticare il posto di transito e pausa: «Insieme al panino, due chiacchiere e una risata qui non mancano mai».

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