Massimo Boccacci, dopo 27 anni il vigile di strada va in pensione

Massimo Boccacci a sinistra nella foto con un collega
4 Minuti di Lettura
Domenica 26 Novembre 2023, 00:10

RIETI - «Mi raccomando, dipingetemi come giusto che sia, come un lavoratore che ha cercato di guadagnarsi la stozza onestamente». Lo “storico”, ormai ex vigile urbano reatino Massimo Boccacci va in pensione, e non smentisce il suo tratto caratteriale schivo e discreto. Una grande quanto inaspettata festa lo ha accolto alla fine del suo ultimo turno di servizio al Comando di via Foresta, con le auto di servizio schierate con sirene e lampeggianti e i colleghi commossi. 

La festa al comando. «È stato bellissimo - dice Massimo - mi hanno tenuto impegnato con la scusa di un cane randagio, non avevo idea della sorpresa. Li ringrazio di cuore, loro e la dirigente Sonia Salvi. Una gran fatica trattenere le lacrime vedendoli, alcuni li ho visti ragazzi e ora hanno i figli all’università». Boccacci entra nel Corpo reatino della Polizia Municipale con il grande concorso bandito dalla giunta Cicchetti, che nel 1994 assunse 45 vigili. «Entrai col primo gruppo, nel dicembre del ‘96. Avevo già 38 anni e, dopo il fallimento della società di costruzioni stradali per la quale facevo il ragioniere di cantiere mi ero rimesso a fare l’operaio, prima presso le funivie del Terminillo e poi alle Terme di Cotilia».

Una città diversa. Il Comando era a via Cintia, proprio di fronte alla Cattedrale, e la città di Rieti era molto diversa da quella di oggi: «Tutta la zona verso Quattro Strade non esisteva, così come la zona intorno allo Stadio, e ovviamente non c’era traccia di Campoloniano. Trovammo una ventina di agenti diretti dall’indimenticabile comandante Alfredo Trinchi», ricorda Massimo Boccacci. 

Il servizio. «Il servizio era solo uno, appiedato in una delle zone della città: piazza Marconi, piazza Cavour oppure piazza Oberdan o Vittorio Emanuele II. A volte si andava in pattuglia coi vecchi vigili, a bordo di Fiat Punto della prima serie appena acquistate dal Comune». Un servizio fondamentale, che Boccacci ricorda come una grossa scuola, non solo di lavoro ma soprattutto di vita: «Eri da solo per sei ore, cercando di fare il tuo compito e subendo in prima persona le proteste dei cittadini sanzionati, un rapporto diretto fondamentale.

Con il comandante Aragona il servizio fu evoluto, si andava in pattuglia in auto e sempre in due, troppo pericoloso il servizio da soli: eravamo ormai nel 2007». 

Comunardo Nicolai. Tanti gli aneddoti vissuti in tanti anni da vigile urbano: dalle visite dei personaggi famosi ai Giri d’Italia, dai comizi politici agli incidenti, ai tanti cambi di viabilità. «Intorno al 2005 venne a Rieti come osservatore per conto della Figc l’ex calciatore del Cagliari e della Nazionale Comunardo Niccolai. Ci chiamarono perché rimase intrappolato con l’auto nel parcheggio dello Stadio. Una volta liberata la sua vettura dal veicolo che la bloccava, mi chiese le indicazioni per il cimitero. Voleva andare a fare una visita a Manlio Scopigno, suo allenatore del Cagliari, trentacinque anni dopo lo scudetto». Ma i ricordi più belli sono soprattutto quelli legati ai cittadini: «Una volta con la collega Rita Renzi trovammo un vecchietto steso di traverso in via porta Romana, dormiva completamente ubriaco, lo portò via l’ambulanza. Due ore dopo un altro vecchietto dormiva ai margini dello svincolo Rieti ovest: ubriachissimo, era il fratello di quello di prima. Non dimentico la pronta battuta della collega Rita: “Daje che mo’ te mettono in un lettuccio in cameretta co’ tu fratello”. Due anziani stupendi, educati e rispettosi anche nella sbornia». 

Il rapporto con la città. Un rapporto con la città vissuto in maniera viscerale e quotidiana, in mezzo alla gente nel vero senso della parola: «Molte cose sono cambiate, tuttavia sopravvive nei reatini uno spirito familiare che li porta a darti subito del tu, una sorta di tacita filosofia nel rapporto con il vigile. Ti guardano sornioni, come a dire vabbè tu sei il rappresentante dell’ordine ma io so’ un poraccio, non me massacrà. Mi mancherà quello spirito di scoperta, unito alla consapevolezza di rendersi utili, che questo lavoro come pochi altri riesce a dare».

© RIPRODUZIONE RISERVATA