Governo, la trattativa: la via stretta di Salvini per tenere dentro FI

Governo, la trattativa: la via stretta di Salvini per tenere dentro FI
di Marco Conti
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Giovedì 5 Aprile 2018, 07:54 - Ultimo aggiornamento: 10:40


ROMA La prima a dare ragione a Sergio Mattarella è stata ieri Giorgia Meloni raccontando al presidente della Repubblica - nel corso dell'incontro avuto al Quirinale insieme a Rampelli e Bertacco - di aver depositato un progetto di legge per inserire il premio di maggioranza nella legge elettorale. Un buon proposito per il futuro - visto lo stallo attuale - ma che di fatto conferma ciò che dal Quirinale filtra da giorni. Ovvero che non c'è il maggioritario e che i partiti devono prima o poi prenderne consapevolezza cominciando a muoversi nell'attuale sistema proporzionale che prevede alleanze, passi indietro, mediazioni. Un po' come accadeva prima del 94 quando molti governi, che Mattarella ha visto nascere, si costruivano con pazienza ma senza veti e ultimatum.

IL DIRITTO
Esattamente il contrario di ciò che è avvenuto sinora e che rischia di trovare conferme al termine del primo giro di consultazioni. «Come pensate di procedere?». E' la domanda che Mattarella rivolge ai suoi ospiti quando nello studio alla Vetrata parlano di governo senza offrire una maggioranza dai numeri certi. Una domanda che oggi si sentiranno proporre Di Maio come Salvini e Berlusconi. Il primo sosterrà la tesi che «il candidato premier più votato ha il diritto-dovere di andare a palazzo Chigi». Ma con il pur ragguardevole 32% non si costruisce una maggioranza. Soprattutto se, prima di Di Maio, sarà il Cavaliere a sostenere che «il centrodestra è unito e d'accordo nel non voler nemmeno parlare con colui che non riconosce chi rappresenta 5 milioni di italiani» e che «ha programmi opposti ai nostri». Un macigno che ostacola il rapporto tra Salvini e Di Maio, con quest'ultimo costretto a prendere atto che spaccare il centrodestra risulta una mission impossible. Salvini almeno per ora non intende proporsi come l leader del 17% e non del 37% e rassicura il Cavaliere mandando Giorgetti in tv a sostenere che se si continua con i veti si torna al voto.

Malgrado le tensioni la virata a destra del M5S è evidente. L'unico interlocutore di Di Maio resta il leader del Carroccio e del centrodestra. Una conferma si ha da come procede la spartizione delle cariche in Parlamento e il dialogo avviato tra i due sul pacchetto di nomine pubbliche che presto verranno a scadenza. Salvini - come dirà anche oggi al Colle - pensa di sfruttare l'occasione per includere FI nella partita ponendosi come garante di tutta l'alleanza. Di Maio però non molla. Tiene fermo il suo nome per palazzo Chigi e resiste all'idea di dover includere nella maggioranza l'odiato Cavaliere. Anche a costo di dover di fatto ritirare il M5S dalla trattativa per il governo. Sfilarsi, come potrebbe alla fine decidere Di Maio, ed evocare un ritorno a breve alle urne, come hanno fatto Salvini e Giorgetti, può servire come elemento dialettico ma rischia di scontrarsi con il presidente della Repubblica preoccupato non di un possibile ritorno al voto, quanto della sua concreta inutilità. Il rischio di uno stallo totale è forte, ma mentre i partiti danzano ponendo condizioni e veti, il tempo scorre i problemi del Paese incalzano, mentre a Bruxelles - basta vedere come Eurostat ha ricalcolato il nostro rapporto deficit-pil - si preparano a presentarci il conto e a ricordarci la grande mole di debito pubblico.

LA FINESTRA
Al Quirinale sfilerà oggi per prima la delegazione del Pd, seguita da quella di FI con Berlusconi, dalla Lega con Salvini e dalla pattuglia pentastellata guidata da Di Maio. I dem confermeranno con Delrio, Orfini e Martina la volontà di restare alla finestra, salvo presentare una serie di priorità sulle quali «siamo disponibili a discutere». Berlusconi sosterrà la tesi del centrodestra compatto nel sostegno della candidatura di Salvini per palazzo Chigi. A quel punto - con il via libera del Cavaliere e della Meloni - sarà difficile per il leader leghista sottrarsi alla domanda: «Come pensa di procedere?». A Mattarella non servirà infatti il pallottoliere per rendersi conto che il centrodestra - con Salvini o Giorgetti, potrebbe avere sulla carta le chance migliori per formare un governo qualora dovesse saltare l'intesa M5S-Lega. Ieri sera Salvini, fiutata l'aria, ha subito messo le mani avanti definendo «inutile» l'eventuale incarico esplorativo: «E che faccio, posso solo prendere atto che non ci sono i numeri». Però prima del 94 - con un sistema proporzionale come l'attuale - nessuno avrebbe rifiutato un mandato del presidente della Repubblica, seppur ipotetico ed esplorativo.

 

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