Governo, Mattarella sonda i partiti e ricorda. «Ora c'è il proporzionale»

Governo, Mattarella sonda i partiti e ricorda. «Ora c'è il proporzionale»
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Mercoledì 4 Aprile 2018, 21:14
Il barometro del primo giorno di consultazioni del presidente della Repubblica sul governo non consente ancora di poter prevedere il sereno sulla strada della formazione di un esecutivo. Né passi avanti arrivano oggi in vista degli incontri clou di giovedì tra Sergio Mattarella e i partiti che potrebbero dare vita a una maggioranza. L'incrocio di veti paralizza il dialogo tra le forze potenzialmente in grado di esprimere un esecutivo nonostante lo sforzo mostrato dai 5 Stelle di presentarsi al Colle, come chiesto dal capo dello Stato, con una proposta di accordo in grado di tracciare almeno una soluzione percorribile.

La prima giornata di consultazioni scivola via dunque senza lampi. Esattamente come previsto. Ma Mattarella ha iniziato a prendere appunti, a orientarsi con i «piccoli» del nuovo Parlamento sapendo che per ora i giochi devono compiersi fuori dal Quirinale, attraverso incontri diretti. Come quello annunciato tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio che avverrà dopo le consultazioni. Per questo è ormai certo che il capo dello Stato convocherà un secondo giro di
consultazioni dopo una breve pausa di riflessione. Il secondo round potrebbe essere convocato per mercoledì prossimo.

Ma il presidente non ha solo ascoltato le posizioni di quanti sono saliti oggi al Quirinale: ha chiesto puntigliosamente a tutti quale alleanze abbiano in mente visto che il Rosatellum non ha portato una maggioranza parlamentare. Ma soprattutto Mattarella ha ricordato che il maggioritario non c'è più e che fino al 1994 c'era un proporzionale simile all'odierno. E che i Governi si facevano anche allora. Una sottolineatura che a prima vista sembra scontata ma che in realtà è un richiamo alle forze politiche affinchè non restino ancorate a logiche che non esistono più. E che, piaccia o non piaccia, l'attuale sistema elettorale prevedeva «in nuce» la necessità di alleanze per formare il Governo. Un accento di realismo che dovrà essere tenuto di conto da tutti nel breve tragitto che separa queste prime consultazioni dalle seconde.

In attesa dei big (Berlusconi, Salvini, Martina e Di Maio) - si è comunque già capito qualcosa: ad esempio che LeU con Pietro Grasso ha ufficialmente confermato l'apertura sui programmi ai Cinque stelle, chiudendo al centrodestra. E non è un caso che tutti abbiano messo l'accento sulla necessità di formare un Governo, come tutti abbiano sottolineato il grande rischio che rappresenterebbe un ritorno alle urne. In sostanza, tutti temono un ritorno anticipato al voto.

Una tendenza che sarà confermata anche giovedì dando così spazio negoziale a un Mattarella che è parso, a chi lo ha incontrato, consapevole delle difficoltà e conscio dell'importanza di trovare il giusto equilibrio nel dare tempo affinchè non si perda tempo. Il rischio che le consultazioni diventino un alibi per ritardare scelte che inevitabilmente vanno fatte è chiaro al presidente. Come è chiaro che bisogna agevolare il tentativo in atto tra M5s e Lega perché al momento è l'unico che potrebbe portare a un governo di legislatura.

Il 'dicktat' posto da Di Maio su Fi e sul Cavaliere comunque blocca quel segnale che avrebbe potuto da subito agevolare il dialogo tra il M5s e la Lega sulla scorta della sottoscrizione di un contratto di programma alla tedesca. Non solo i forzisti ma anche il Carroccio devono fare muro difendendo il nome di Berlusconi. Quest'ultimo non può che confermare la sua presenza alla guida della delegazione azzurra che salirà al Quirinale.

«Scorporare la Lega da Fi per renderla subalterna al M5S è un sogno irrealizzabile» taglia corto il presidente del Parlamento Ue Antonio Tajani che giudica «puerili» e «antidemocratici» gli attacchi del leader M5s a Berlusconi e conferma: «domani non sarò io a salire al Colle». E parla di richiesta di «tradimenti inaccettabili» anche il capogruppo della Lega a Montecitorio, Giancarlo Giorgetti che avverte: «veti e pregiudizi portano solo di nuovo a votare». Conferma tuttavia come prioritario il dialogo con il M5s anche se a partire dal programma del centrodestra. Ed è ottimista: «siamo in una fase nuova, dagli esiti imprevedibili». Si continua a trattare sottotraccia. Su più temi e su più fronti, anche quello delle nomine.

Il leader M5s mantiene dritta la barra sulla sua proposta ma smorza i toni. Continua a proporre il suo contratto di governo anche al Pd pur sapendo che in questa fase resta un'ipotesi irrealizzabile, sollecita dem e Carroccio a decidere «da che parte stare» e invita Salvini a scegliere «se rimanere ancorato al passato e a Berlusconi, un uomo - dice scegliendo con cura parole non offensive - che ha già avuto la possibilità di cambiare l'Italia ma non lo ha fatto». Ma chiede anche di fare presto a vedere le controparti: «Speriamo di poter incontrare il prima possibile i due partiti», per «metterci subito al lavoro».

Il secondo forno aperto con il Pd però non si scalda. Il veto posto su Matteo Renzi non può che irrigidire il partito. Il renziano Ettore Rosato avverte: «Di Maio si rivolge al Pd per aumentare il potere contrattuale con la Lega. È un teatrino» e non una «premessa» per un incontro. Ma un esponente della minoranza come Francesco Boccia non chiude: è ancora «troppo presto» per dare una risposta al M5s ma allo stesso modo blocca chi nel Pd guarda alla nascita del «governo dei perdenti».

I partiti «vincenti», invece, continuano intanto ad accordarsi in Parlamento dando in modo plastico una dimostrazione che un asse tra 5 stelle e centrodestra è possibile. Dopo le intese sulle presidenze e sugli uffici di presidenza di Camera e Senato oggi Forza Italia ha votato un 5 Stelle alla Presidenza della Commissione speciale di palazzo Madama. «Abbiamo votato per Vito Crimi (M5s) presidente secondo gli accordi presi e loro hanno votato come vice presidente il nostro Giacomo Caliendo», spiega il senatore azzurro Lucio Malan. Al Colle intanto oggi Mattarella ha incontrato i presidenti di Camera e Senato, il presidente emerito Giorgio Napolitano e poi la delegazione di Autonomie, quelle del Misto e di Fdi. Giorgia Meloni ha chiesto l'incarico per Salvini mentre Pietro Grasso ha espresso la disponibilità di Leu al dialogo escludendo il centrodestra e aprendo a M5s nel caso in cui metta al centro del suo programma lavoro, welfare e diritti civili.
 
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