Alluvione Emilia Romagna, il commissario Figliuolo: «Dare a chi ha subito danni, non come in Irpinia»

Polemiche per le parole del generale alla commissione Ambiente della Camera. Il riferimento è alla travagliata vicenda della ricostruzione dopo il terremoto del 1980, tra inchieste e commissioni parlamentari

Il commissario Figliuolo: in Emilia-Romagna «dare a chi ha subito danni, non come in Irpinia»
di Riccardo Palmi
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Martedì 18 Luglio 2023, 16:55 - Ultimo aggiornamento: 20:16

«Bisogna fare in maniera veloce, non affrettata, ma fare bene, cioè essere sicuri di dare a chi effettivamente ha avuto il danno. Io vengo dalla Basilicata e purtroppo nel terremoto che colpì negli anni ’80 la Basilicata e l’Irpinia si assistette a dei fenomeni che qui sicuramente non capiteranno», ma servono controlli per «dare a chi ha patito i danni». Hanno scatenato polemiche queste parole di Francesco Paolo Figliuolo, commissario straordinario alla ricostruzione, ascoltato dalla commissione Ambiente alla Camera.

Per il deputato di FdI (in gioventù esponente della Dc irpina) Gianfranco Rotondi, si tratta di espressioni «estremamente inopportune e fuori luogo». Rotondi ribalta l'assunto di Figliuolo, in quanto a suo dire l'Irpinia subì nel 1980 «il maggior numero di danni materiali e morti», ma ricevette «un ristoro molto parziale e non ancora riscosso». Il 23 novembre del 1980, intorno alle 19.30, un terremoto di magnitudo 6.9 colpì una zona molto ampia tra la Campania, la Basilicata e la provincia di Foggia. Le vittime furono oltre 2700, gli sfollati circa 280mila. L'emergenza improvvisa fece emergere falle nella gestione: i primi soccorsi arrivarono in ritardo, mancò un coordinamento centrale, i molti volontari accorsi per dare una mano si ritrovarono privi di indicazioni. Il simbolo della tragedia rimase il crollo del soffitto della Chiesa Madre di Balvano, a Potenza, che provocò la morte di 66 persone, soprattutto giovani, cancellando di fatto una generazione del piccolo centro. Il presidente della Repubblica, Sandro Pertini, denunciò al suo arrivo sui luoghi del terremoto la «mancanza di soccorsi immediati». Non a caso, fu quella tragedia (preceduta quattro anni prima dal terremoto del Friuli) a dare la spinta decisiva per la costituzione di una protezione civile moderna ed efficiente.  

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Il riferimento di Figliuolo però è a quanto accadde dopo: negli anni furono molte le inchieste giornalistiche (se ne occupò anche Montanelli) e giudiziarie, volte ad accertare eventuali malversazioni e illeciti. Fu approvata la legge 219 nel 1981 per ricostruire le case dei 506 comuni colpiti e svilupparne l'industrializzazione (sul modello di quanto fatto in Friuli-Venezia Giulia dopo il 1976). Un intento perseguito però con molti ritardi, dovuti anche al fatto che in questi territori, diversamente dal nord-est, non esisteva un precedente tessuto imprenditoriale solido. Alla fine infatti quasi la metà delle concessioni industriali fu revocata, con imprese che nascevano e poi venivano dichiarate fallite. Sulle macerie del terremoto del 1980 è nata però l'Università della Basilicata, con l'idea di investire proprio sullo sviluppo del sud Italia.

Nel 1989, venne istituita una commissione parlamentare di inchiesta (presieduta dal futuro presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro) per accertare «l'ammontare complessivo dei finanziamenti» nazionali e internazionali arrivati per la «ricostruzione» delle zone terremotate. Nella relazione conclusiva del 1991 si parlò di circa 28.500 persone che, a oltre dieci anni dal terremoto, dormivano ancora in «roulottes, containers e prefabbricati leggeri», mentre oltre 4.400 erano sistemate in «alberghi, pensioni e appartamenti requisiti». La spesa totale accertata fu di oltre 50 miliardi di lire. Nel 2008, la Corte dei Conti rifece, per l'appunto, i conti e parlò di 32 miliardi (di euro, però) spesi, senza considerare «le ulteriori eventuali somme nel tempo messe a disposizione dalle regioni e dalle amministrazioni locali sui rispettivi bilanci». 

 

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