Lotito: «Roma può rinascere, ma per vincere la sfida servono regole speciali. La bellezza non basta»

Il senatore, imprenditore e presidente della Lazio: «La bellezza non basta se mancano servizi, infrastrutture e una visione d’insieme L’Expo? Ce la possiamo fare se superiamo gli interessi corporativi»

Lotito: «Roma può rinascere, ma per vincere la sfida servono regole speciali. La bellezza non basta»
di Mario Ajello
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Domenica 16 Luglio 2023, 00:04 - Ultimo aggiornamento: 10:12

«È il momento di Roma. È il tempo giusto per dare a questa metropoli quello sprint che le serve e che serve all’intero sistema Italia che si rispecchia e si rappresenta nella sua città guida. Basta indugi e mettiamoci al lavoro perché la sfida Capitale si può vincere». Ecco la ricetta di Claudio Lotito

Lei, presidente, che Roma immagina?
«Una Capitale che sappia finalmente prendere le redini del suo destino, capendo fino in fondo la propria grandezza e la necessità storica di esserne all’altezza». 

La sua visione di Roma quanto coincide con la realtà di questi tempi? E quali sono le potenzialità da sfruttare? 
«Conosco la storia di questa città e i suoi bisogni ordinari e straordinari non solo per il ruolo sportivo che svolgo come presidente della Lazio ma anche perché sono un imprenditore di lungo corso in tanti settori.

Questa è la città più importante al mondo, e infatti da tutto il mondo arrivano milioni di turisti e vengono per vedere direttamente quali sono le radici della civiltà occidentale. Siamo un museo a cielo aperto in cui si custodiscono valori universali. In più ci sono la campagna romana, il mare, la grande architettura del ‘900 e dei secoli precedenti, il Vaticano e potrei continuare a lungo nell’elenco dettagliato di questo patrimonio dell’umanità. Ci vuole una visione d’insieme per valorizzare tutto ciò, e occorre tracciare un percorso che faccia crescere Roma in termini di trasporti urbani ed extra-urbani, di servizi, di infrastrutture fisiche e digitali e di sanità. Ho fatto approvare una norma che prevede defibrillatori nelle parti strategiche della città. Diventeranno come le cabine telefoniche di un tempo, saranno agli angoli delle strade, nelle vie, negli slarghi, nelle zone archeologiche e monumentali. Questa rete di strumenti sanitari renderà più sicura la vita dei turisti e anche dei romani. Le piccole grandi cose sono importanti come quelle di visione strategica generale». 

Tutto in vista del Giubileo del 2025 e della possibile vittoria dell’Expo 2030? 
«Ma certo, quelle sono spinte formidabili da sfruttare al meglio. Roma è già strapiena di turisti ma questa enorme attrazione non è accompagnata da un progetto di organizzazione dei flussi, dell’accoglienza, della vivibilità e della mobilità dei visitatori che renderebbe più agevole il soggiorno a loro e la vita quotidiana dei cittadini stanziali. L’inefficienza dei servizi è la prima battaglia da combattere. A Londra o a Parigi c’è un’organizzazione funzionante, perché qui no? Non sto dando la colpa a nessuno. Dico soltanto che qui la bellezza non è supportata dalla programmazione».

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Non ci sono però, in questo, responsabilità della classe dirigente della Capitale che vengono da lontano e una indifferenza civica che è da tempo immemorabile la vera palla al piede di questa metropoli? 
«Ci si è distratti, e troppo. E il risultato è che abbiamo una Capitale priva degli standard di efficienza che abbondantemente merita. Farne un tema politico, prendersela con la destra, con la sinistra, con il centro e via dicendo, è sbagliato e poco utile. Il problema è strutturale di tipo legislativo: Roma ha le regole, le norme, le procedure identiche a quelle delle altre città italiane. E questo è assurdo. Non ha un riconoscimento particolare, pur essendo la Capitale». 

Ma non le sembra che si stia di nuovo inabissando il tema - che appare e scompare, più la seconda che la prima - della riforma costituzionale che dia a Roma il vero rango di Capitale con più risorse e più poteri? 
«Manca su questo un’azione concertata e profondamente condivisa senza ipocrisie e tattiche tra tutte le forze politiche. Considero questa miopia una grave sottovalutazione non solo della storia di Roma ma soprattutto del suo futuro e della sua possibile forza nella competizione globale tra le grandi metropoli. Noi abbiamo tanti vantaggi, in termini di forza culturale e di attrazione turistica, ma anche tante debolezze. Le lentezze delle procedure burocratiche non sono più ammissibili. Bisognerebbe fare, per le cose che riguardano Roma, come si fa per il Pnrr in tutta l’Italia. Ovvero, corsie particolari per velocizzare la messa a terra dei progetti e delle scelte. Bisogna spingere sulla velocità, applicandola a Roma anche nell’ordinario. Gli altri Paesi prevedono canali privilegiati per le loro capitali, nel campo delle decisioni sui servizi, dalla mobilità alla spazzatura, e noi dobbiamo adeguarci a questa modalità. Facendolo, appunto, in fretta. Tempi celeri e certi per tutte le procedure che riguardano la Capitale. Sennò, depotenziamo il futuro». 

Lotito sindaco di Roma? 
«Faccio altro, ma Roma va pensata e sostenuta senza piccolezze da tutti quelli che la vivono, la amano, ci lavorano. Non si può essere autolesionisti. Penso per esempio al turismo. Va incentivato ogni tipo di turismo, senza svendere e degradare la città ovviamente, anzi la battaglia per il decoro è al primo posto, perché Roma è una città aperta in cui tutti devono arrivare e in cui tutti convivono. C’è il turismo di massa, che va ben regolamentato, e c’è il turismo di élite come dimostrano i nuovi alberghi di lusso già inaugurati e quelli che apriranno. La soluzione del problema dei taxi e la necessità di allungare il percorso delle metro e il numero delle corse e la funzionalità dell’intero sistema sono pezzi fondamentali di questo progetto di rinascita per il bene dei romani e di chi viene da noi». 

Ma lei che cosa farebbe ai turisti che sfregiano il Colosseo?
«I reati penali e pecuniari per chi imbratta o aggredisce il nostro patrimonio artistico-monumentale ci sono, e il Codice è chiaro. Ma le norme vanno applicate, con serietà e giustizia. Guai a minimizzare. A casa loro, i turisti fanno i precisi, si comportano correttamente, qui invece si sentono liberi di esprimersi al peggio. È un comportamento intollerabile. L’escalation del turismo globale a Roma non può non accompagnarsi con la nostra pretesa, pratica, operativa, di avere rispetto per la nostra civiltà che poi è o dovrebbe essere la civiltà di tutti». 

Roma avrà lo stadio della Lazio?
«Tre stadi servono, il nostro, quello della società giallorossa e l’Olimpico per i grandi eventi anche non calcistici. Sullo stadio Flaminio, a partire dai parcheggi e dai trasporti, ho qualche idea spero presto operativa». 

 

Lei crede nella possibilità di aggiudicarci l’Expo 2030?
«Certo che ci credo. Ma va applicato, per vincere questa partita, lo spirito giusto che è questo: l’unione fa la forza. Superando le logiche politicanti, il piccolo cabotaggio, la guerra degli interessi particolaristici e corporativi. Serietà, competenza, pragmatismo, efficienza amministrativa: questo l’approccio che serve. E tante persone di valore che lo mettano in atto. Pensi che in Cina, che comunque ha un sistema politico abissalmente diverso dal nostro, prima che qualcuno diventi sindaco di Pechino viene sperimentato in città più piccole. Per vederne le capacità. Non mi pare purtroppo un modello importabile da noi, ma è una suggestione che mi piace». 

Una Roma depotenziata a causa dell’autonomia, se passa quel disegno, non rischia però di risultare poco attrezzata per le grandi sfide?
«La priorità è dare a Roma una governance più forte e una centralità maggiore. Senza toglierle nulla, anzi dotandola meglio di ogni cosa. Come avrà capito il nemico da combattere è sempre l’ideologia, tutte le ideologie applicate a una corpo molto concreto come è quello di una Capitale. Perciò ho non poche perplessità anche sulla pedonalizzazione integrale dell’area del Foro Romano e di tutta quella città nella città che è il centro storico. Il buon funzionamento del sistema Roma, che è delicato e complesso, deve tenere conto anche delle esigenze di movimento dei cittadini. Serve vero sprint per questa città e non teorie o addirittura forzature teoriche». 

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