All’appuntamento di ieri in Conferenza unificata si è presentato anche il sindaco di Roma Roberto Gualtieri. Lo ha fatto in qualità di primo cittadino della Capitale d’Italia. E la sua presa di posizione è stata dura. Gualtieri ha voluto esprimere un giudizio «su temi», ha detto, «che attengono all’organizzazione della Repubblica e alla sua unità. E da questo punto di vista», ha sottolineato il sindaco di Roma, «devo dire che il nostro giudizio è insoddisfacente. Il testo», ha proseguito Gualtieri, «rischia non solo di non risolvere le diseguaglianze territoriali, ma anche di accentuarle andando in una direzione opposta a quella che dovremmo perseguire».
Le censure dei Comuni sono molte. E alcune decisamente rilevanti. Come la sottolineatura di un equivoco nel progetto di autonomia differenziata targato Roberto Calderoli, che potrebbe trasformarsi in quello che gli informatici definiscono un “bug”, un baco, un errore di progettazione, in grado di scardinare dall’interno tutto il processo messo in piedi dal ministro leghista per trasferire a Veneto e Lombardia competenze che oggi sono dello Stato centrale. Amministrare, dicono i sindaci, è compito dei Comuni, non delle Regioni. Alle Regioni, con l’autonomia, spiega il documento dell’Anci, possono essere trasferite soltanto competenze «legislative».
Quelle amministrative, così come previsto dalla Costituzione, devono rimanere di in capo ai municipi. Un punto condiviso anche dalle Province, che hanno chiesto «la piena attuazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza». Tradotto, significa che ognuno deve giocare nel suo ruolo, senza voler indossare la maglietta degli altri. Altrimenti, spiega l’Upi, «le soluzioni di un regionalismo differenziato finirebbero col tradursi in un potenziato accentramento regionale». I sindaci e i presidenti di provincia, insomma, non vogliono essere schiacciati nell’amministrazione delle loro città da uno strapotere amministrativo, magari su materie come il trasporto pubblico locale o la scuola, da parte dei governatori. A questo è legato anche un altro timore, molto più concreto. Riguarda i soldi. La paura è che per finanziare i Lep, i livelli essenziali delle prestazioni, per le Regioni che chiedono autonomia differenziata, si esauriscano tutte le risorse per i Lep dei Comuni e quelli delle altre Regioni che l’autonomia, invece, non l’hanno chiesta.
Fino ad oggi, ricorda l’Anci, la “perequazione” tra i Comuni che hanno meno capacità fiscale (sono più poveri) e quelli che hanno una capacità maggiore (i più ricchi), è stata coperta con trasferimenti da parte di questi ultimi a favore dei primi.
IL PUNTO DEBOLE
«Appare evidente», scrive l’Anci, «l’illogicità di individuare dei Lep scolastici senza coinvolgere direttamente questi servizi e funzioni attualmente tipicamente locali». Quello dell’associazione dei Comuni è un documento da non sottovalutare. Il parere e le proposte di modifica della legge Calderoli, sono state approvate da tutti e gli ottomila sindaci italiani, da Nord a Sud, di destra e di sinistra. La strategia del ministro sembra quella di voler ignorare gli appunti fatti dai primi cittadini alla sua riforma. Del documento, ha lasciato capire, recepirà qualche aspetto secondario. Poi la legge andrà in Parlamento per l’approvazione. Il passaggio in Conferenza unificata, indicato come essenziale, si è alla fine tradotto in una pura formalità. L’autonomia di Veneto e Lombardia non deve trovare ostacoli sulla sua strada.
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