Paolo Jannacci: «Mio padre Enzo? Aveva uno stile troppo bohémienne. Abbiamo avuto dei contrasti, ma ridevamo tanto all'autolavaggio»

Paolo Jannacci: «Mio padre Enzo? Aveva uno stile troppo bohémienne. Abbiamo avuto dei contrasti, ma ridevamo tanto all'autolavaggio»
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Sabato 23 Dicembre 2023, 14:11

Il primo ricordo di Paolo Jannacci di suo padre Enzo? «Il suo abbraccio, forte, pieno di energia, che mi tira su». Un padre presente. Molto presente, racconta ancora il figlio Paolo al Corriere della Sera, nonostante fosse un artista. «Non si perdeva mai gli appuntamenti “istituzionali”, non si è mai dimenticato delle occasioni importanti: saggi, riunioni dei professori, pagelle... è andato lui a vedere il voto della maturità e ha segnato anche irisultati di tutti i miei compagni su un foglietto. Un bigliettino che tenevo gelosamente nel portafoglio insieme ad altri ricordi, ad altri messaggi. Un anno ero al Festival di Sanremo e mi hanno rubato il portafoglio sul red carpet. Ho perso tutto, maledetti». Se chiude gli occhi la prima cosa che viene in mente a Paolo è la risata di suo padre. «Quando si entusiasmava per una situazione o una persona la sua risata sottolineava ancora di più quel trasporto».

Paolo Jannacci ricorda il padre

Le risate più belle? Forse tutte. «Ridevamo tanto, le risate più belle e intime erano all’autolavaggio. Si andava insieme, si chiacchierava, si impostava la problematica...». E al Corsera spiega il significato di problematica: «I problemi da risolvere... Mentre eravamo lì sezionavamo la problematica e ci ridevamo su; e poi ci disperavamo per la risata che ci eravamo fatti perché riconoscevamo gli elementi tragici di quello che ci capitava. Il ridere dei guai ci faceva sopportare le avversità che ci capitavano. Quello all’autolavaggio era un momento chirurgico e analitico, la macchina alla fine era pulita e noi tornavamo a casa contenti.

Magari non si risolveva niente ma eravamo più leggeri; era un po’ come fare l’analisi dall’analista, una volta che racconti la problematica inizia già il percorso».

Ma Enzo era un padre esigente. «Mi rimproverava la pigrizia, mi ha insegnato il rispetto per se stessi e per gli altri, guai a sgarrare, l’ho imparato da ragazzino con sfuriate importanti». Una volta «per un mio atteggiamento non abbastanza educato si arrabbiò tantissimo, prese l’auto e scappò via. Non mi ha parlato per due giorni».

I contrasti

Ma c'era anche qualcosa di Enzo che non piaceva a suo figlio Paolo: «Abbiamo avuto il nostro periodo di contrasto padre e figlio: io non accettavo lui, lui faceva fatica ad accettare me come “nuovo” ragazzino con una sua personalità. Certi suoi atteggiamenti non mi piacevano, il modo poco ordinato di gestire la sua vita, aveva uno stile troppo bohémienne che non mi andava bene. Avevo 16/17 anni, era il classico periodo dell’adolescenza in cui ci si scontra con il papà. Ci siamo fatti gli affari nostri per lunghi periodi, poi ci siamo capiti e abbiamo accettato gli errori e le mancanze dell’altro. Siamo diventati oltre che padre e figlio, anche amici».

Di suo padre Enzo gli manca «la sua energia, la sua risata, il suo modo di mettere le mani sul piano... E la voce, una voce che faceva vibrare i muri e le anime; quella voce mi faceva spaventare e mi faceva ridere. Mi mancano i nostri discorsi surreali e non poter più sorridere dei guai con lui che è una delle cose che ci faceva stare meglio in assoluto. Mi mancano anche le sue incaxxature quando si metteva a suonare e due minuti dopo che era entrato nel mood dell’ispirazione suonava il telefono. Che incaxxature... Venivano giù il paradiso e l’inferno».

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