Paolo Jannacci: «Mio padre consiglierebbe cultura e niente scorciatoie, anche a Sanremo»

Istituito dal NUOVO IMAIE nel 2017 insieme alla famiglia, il premio Enzo Jannacci viene consegnato durante il festival di Sanremo a una delle nuove proposte

Paolo Jannacci: «Mio padre consiglierebbe cultura e niente scorciatoie, anche a Sanremo»
di Ilaria Ravarino
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Lunedì 6 Febbraio 2023, 06:50

Istituito dal NUOVO IMAIE nel 2017 insieme alla famiglia, il premio Enzo Jannacci viene consegnato durante il festival di Sanremo a una delle nuove proposte. Al vincitore - quest'anno i candidati sono Olly, Will, Sethu, giANMARIA, i Colla Zio e Shari - va una borsa di studio finanziata dal NUOVO IMAIE e assegnata da una giuria composta dal figlio di Jannacci, Paolo, dal portavoce Musica del NUOVO IMAIE Dodi Battaglia e dal vincitore dell'edizione 2022 (quest'anno è Yuman).

«È un piccolo, grande contributo per aiutare chi oggi fa musica senza essere ruffiano - ha detto Jannacci, che dal 3 giugno sarà protagonista di un tributo a suo padre al teatro Arcimboldi a Milano, Jannacciami! - e per dare una mano agli artisti giovani che affrontano la frustrazione degli inizi».

Come scegliete il vincitore del premio Jannacci?
«Direi che negli anni abbiamo scelto sempre bene, rispettando la dignità di musica e testi.

Dodi è il numero uno e il suo giudizio, commerciale e umano, è pieno di sensibilità musicale. Alle sue idee si aggiungono le mie, formulate anche basandomi sul gusto di papà. A partire dalla seconda edizione del premio abbiamo voluto dare spazio al giudizio del vincitore dell'anno precedente, con tutta la novità e la leggerezza portata da ragazzi che si affacciano al mercato».

A cosa serve il premio?
«È un riconoscimento, un segno di attenzione che va agli artisti che non scelgono di fare i ruffiani, che non lavorano esclusivamente sulla loro immagine, estetica e musicale. Chiunque, oggi, può fare un singolo di successo: i tempi di ascolto e di attenzione si sono accorciati, e come ha detto Sting è scomparso il bridge (il periodo musicale che lega a una strofa a un altra, ndr). Oggi si cerca di concentrare tutta l'attenzione sul ritornello, 8 secondi al massimo, il tempo di un TikTok. Noi amiamo fare scelte che vanno in direzione contraria. Canzoni che vogliono fare la differenza. Un po'come faceva papà».

Quali sono oggi i problemi dei giovani musicisti?
«I problemi psicologici. La frustrazione di non arrivare da nessuna parte. Fare un talent o una gara può affascinare, ma la realtà è che per essere applaudito serve la gavetta. Non si impara da un giorno all'altro. E la parte difficile è gestire lo sconforto dei primi tempi, la malinconia. C'è chi la mette nei testi delle proprie canzoni, chi non ci riesce e soccombe».

Il premio come li aiuta?
«Non fa i miracoli ma dà uno stimolo. Una borsa di studio, un contributo per ricomprare la scheda audio, un microfono nuovo, il computer. All'inizio puó fare la differenza».

Come si vince lo Jannacci?
«Amando la cultura. Con voglia di andare contro. Avere conoscenza dello spirito melodico. E un guizzo di ironia».

Se lo immagina suo padre fare musica oggi?
«Se mio padre oggi avesse vent'anni, si adeguerebbe ai mezzi ma li userebbe a modo suo, evitando il qualunquismo e la faciloneria. Farebbe la stupidata, ma sarebbe una stupidata socialmente utile, diciamo».

 

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