La Procura della Repubblica di Latina ha chiuso l'inchiesta sul fallimento della società Terme di Fogliano e ha inviato a 14 persone, tra ex presidenti, consiglieri di amministrazione e revisori dei conti, l'avviso di conclusa indagine nella quale si ipotizza a carico di tutto il reato di bancarotta. Si tratta di Vittorio Raponi, Alessandro Novaga, Enrico Cecchini, Florindo Donatucci, Salvatore Apostolico, Franco Mansutti, Savarino Morelli, Adriano Verdesca Zain, Paolo Marini, Paride Martella, Salvatore D'Amico, Luigi Natalino Carabot, Vincenzo Loreti e Romeo Emiliozzi.
Secondo il sostituto procuratore Claudio De Lazzaro ciascuno di loro avrebbe contribuito alla bancarotta della società, dichiarata fallita dal Tribunale di Latina nel dicembre 2017. In realtà gli accertamenti che hanno portato a delineare l'ipotesi di bancarotta contestata ai 14 indagati sono risaliti indietro nel tempo, fino al 1991 per poi ricostruire tutte le diverse fasi di gestione della spa a capitale pubblico essendo le quote detenute per la maggior parte dal Comune di Latina e per la parte residua dall'amministrazione provinciale e dalla Camera di Commercio.
LA RICOSTRUZIONE
Secondo la Procura i primi sei avrebbero dissipato il patrimonio sociale con la rinuncia alla concessione mineraria del valore all'epoca di quasi 320 milioni di lire deliberata nel 1991 dal Cda, operazione cui contribuivano i componenti del collegio sindacale abdicando ai doveri di controllo. Apostolico, Morelli, Verdesca Zain, Marini, Martella e Mansutti avrebbero provocato il fallimento della società per effetto di operazioni dolose sottoscrivendo con il Comune una convenzione integrativa sui rapporti tra ente locale e società per la realizzazione di un parco termale che ha avuto come conseguenza spese per circa 5 miliardi di vecchie lire per opere che dopo la rinuncia alla concessione mineraria sono state attribuite al Comune, una condotta che determinava il dissesto della società all'atto della ricognizione di debito alla fine del 2000 da Apostolico a favore della società Condotte, incaricata dei lavori di perforazione.
A Salvatore D'Amico viene inoltre contestato, in qualità di liquidatore della spa da luglio 2004, di avere tenuto in modo irregolare e incompleto le scritture contabili nell'anno 2016 oltre che di avere ritardato il fallimento della società aggravandone la situazione insieme a Carabot, Emiliozzi e Loreti quali componenti del collegio sindacale.
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