WeWork getta la spugna e fa ricorso alla bancarotta, segnando la fine dei una delle start up più promettenti della storia americana co-fondata da Adam Neumann e sostenuta con miliardi di dollari dalla giapponese Softbank. L'ex colosso delle scrivanie in affitto si è affermata rivoluzionando il mercato immobiliare: nei suoi spazi si poteva affittare un solo desk, un ufficio intero o una sala riunioni, offrendo così una flessibilità mai immaginata a migliaia di lavoratori autonomi e piccole aziende. Ma il mix degli onerosi contratti firmati da WeWork nel 2010 per affittare i suoi spazi e il Covid si è rivelato fatale per la società, che nel 2019 era una unicorn da 47 miliardi di dollari di valore e guardava a Wall Street per una quotazione storica.
L'allarme
Grazie ai fondi di Softbank WeWork ha spinto la sua crescita agli estremi scommettendo che le start up ma anche le grandi aziende avrebbero preferito una maggiore flessibilità nei contratti immobiliari invece che legarsi le mani con impegni di lunga durata.
La caduta
Le drastiche misure varate si sono comunque rivelata insufficienti, andando ad alimentare una spirale al ribasso culminata con la bancarotta, simbolo della crisi degli uffici dove pochi negli Stati Uniti vogliono tornare dopo la pandemia. La bancarotta rientra in quella che WeWork descrive come una «ampia riorganizzazione» per una società che - afferma l'amministratore delegato David Tolley - ha «fondamenta solide, un business dinamico e un futuro brillante». La bancarotta è negli Stati Uniti e in Canada e non ha effetto sulle altre attività di WeWork che può contare su 15 miliardi di dollari di asset e 18,6 miliardi di debiti.