«Shalabayeva, mai viste pressioni così». Le forze dell'ordine sapevano chi era

«Shalabayeva, mai viste pressioni così». Le forze dell'ordine sapevano chi era
di Sara Menafra
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Mercoledì 2 Dicembre 2015, 23:46
PERUGIA Nei giorni dell’espulsione di Alma Shalabayeva, la moglie del dissidente kazako Ablyazov, negli uffici della questura di Roma si capiva che stava accadendo qualcosa di fuori dal comune. A raccontarlo a verbale, a Roma, è stato il vice capo dell’ufficio immigrazione Pierluigi Borgioni, indagato nella capitale per abuso d’ufficio e falso ideologico ma rimasto fuori dalle indagini perugine: «Si capiva che c’era interesse alla vicenda anche fuori dall’ufficio. Non mi era mai capitato di vedere tanto interesse attorno ad un clandestino». Un’agitazione data dalle telefonate che riceveva, dall’imponente scorta e dall’immediato attivarsi dell’ambasciata kazaka. Il verbale di Borgioni è arrivato nei giorni scorsi agli atti della procura di Perugia, che da tempo procede sulle presunte irregolarità nell’espulsione della donna e ha ipotizzato il sequestro di persona per la giudice di pace in servizio a Ponte Galeria Stefania Lavore, l’attuale capo dello Sco, Renato Cortese, e il questore di Rimini Maurizio Improta.

IL VERBALE Proprio ieri, Improta, ex numero uno dell’ufficio Immigrazione e adesso assistito dall’avvocato Ali Abukar, è stato sentito per cinque ore dai pm Antonella Duchini e Massimo Casucci. Audizione secretata che riprende il verbale fatto a Roma la scorsa primavera e finora inedito. Un documento ampio, in cui Improta rivela una circostanza nuova: la comunicazione sulla reale identità di Alma Shalabayeva sarebbe stata mandata dal suo ufficio a quello di ponte Galeria, e quindi alla Questura, prima dell’udienza di convalida del trattenimento al Cie.
Per capire l’importanza di questo tassello, bisogna ricominciare dall’inizio della storia. Tutto comincia il 28 maggio 2013 quando, su sollecitazione delle autorità kazake arrivate fino ai piani alti del Viminale, viene organizzato un blitz per catturare Muktar Ablyazov, dissidente ed ex membro del governo kazako ma anche accusato di truffa e bancarotta. Al momento del blitz il banchiere è già fuggito ma la moglie viene fermata e spedita in Kazakistan nell’arco di quattro giorni.

Nei mesi successivi e dopo l’esplosione dello scandalo, dovuta anche all’interessamento dell’ex ministro degli esteri Emma Bonino, gli uffici competenti hanno difeso in più sedi la correttezza di quell’espulsione, perché la donna si era fatta identificare con un passaporto diplomatico con generalità diverse, che secondo una perizia della Polaria risultava falso. Nel verbale fatto a Roma, però, Improta dice che le generalità della donna furono comunicate a tutti i referenti fin dalla mattina dell’udienza al Cie. Con le sue vere generalità, Alma Shalabayeva era titolare di un permesso di soggiorno in Lettonia e di protezione umanitaria in Gran Bretagna.

«Il 30 maggio, mi sono incontrato con un rappresentante dell’ambasciata kazaka, tale Hazzem - ha detto Improta a verbale a Roma - Questo mi racconta del marito ricercato, mi racconta che stavano seguendo la cattura di questo tizio, viene lì sapendo che la moglie era stata accompagnata nei nostri uffici perché lo apprende dalla Squadra mobile e quindi si sposta. Il rappresentante dipolomatico mi disse, ”la donna non si chiama Alma Ayan ma si chiama Alma Shalabayeva”. Dopo l’incontro sarebbe partito il fax.

IL CSM Ieri Intanto il Csm ha aperto un fascicolo per la stessa vicenda.
Il via libera alla richiesta del consigliere laico di Forza Italia Pierantonio Zanettin, è arrivato dal Comitato di presidenza di Palazzo dei Marescialli. A occuparsi del caso sarà l'ottava Commissione, competente sui giudici di pace. Zanettin aveva sollecitato l'intervento del Csm anche per «valutare eventuali responsabilità disciplinari» del magistrato.
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