La notte dopo gli esami: la nuova generazione inquieta dei maturandi

La notte dopo gli esami: la nuova generazione inquieta dei maturandi
di Marco Ventura
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Domenica 14 Giugno 2015, 22:57 - Ultimo aggiornamento: 16 Giugno, 11:48
Una generazione inquieta, confusa, ma vitale. È la generazione dei ragazzi che affrontano la maturità in questi giorni, che entrano poi all’Università e magari si iscrivono ai corsi della “Statale” di Milano dove insegna Giulio Giorello, filosofo della scienza autore di bestseller sulla libertà, l’ateismo, l’evoluzione, ma anche Topolino.



«Soprattutto chi sceglie filosofia non si accontenta della scatola di strumenti impartita in modo autoritario, ama crearsela da sé e questo è un bene», dice Giorello. «Purtroppo, però, anche ragazzi di notevole capacità intuitiva, per via del tipo d’informazione poco stratificata e tutta sullo stesso piano che ricevono, si trovano in difficoltà con cose che la mia generazione avrebbe considerato elementari». Chi si matura oggi ha spesso problemi con la sintassi italiana, «a volte perfino con l’ortografia», manca di senso della prospettiva temporale («non che Copernico vada a spasso con Tex Willer, ma quasi») e nello scrivere le tesine ha problemi a riassumere in modo corretto un argomento, «non sa come si fa una nota a un testo critico».



Abilità che non si insegnano nelle secondarie, col risultato d’una «vaghezza di base dovuta a uno scollamento tra l’insegnamento delle medie superiori e quello universitario». Eppure, le matricole universitarie sono sempre più numerose, il che non è garanzia di valore. «C’è ostilità in Italia verso una valutazione meritocratica, come se la meritocrazia fosse sinonimo di aristocrazia o oligarchia, mentre un sano individualismo significa anzitutto assunzione di responsabilità».



AVARIZIA

La scarsa attenzione delle istituzioni, del resto, si riflette nell’avarizia con la quale lo Stato finanzia l’istruzione: in modo insufficiente. E il tessuto umano dei “maturandi”? Ci sono giovani «indifferenti, che vengono solo a scaldare il banco, mentre altri vivono il loro ingresso all’Università come qualcosa di prezioso, come una conquista, e questo vale per non poche matricole che provengono da famiglie di immigrati, considerano lo studiare un diritto per cui lottare e non vogliono che venga loro sottratto». Arabi, sudamericani d’origine, con problemi linguistici perché in famiglia non parlano italiano, ma per i quali la cultura è riscatto ed emancipazione. Sono sempre di più gli immigrati di seconda generazione che si maturano nella scuola italiana. L’altro elemento diffuso è la confidenza con Internet. «Si tende spesso a dare la colpa alla Rete del fatto che questi ragazzi non leggono, ma questo è un campo nel quale io dai miei studenti imparo, come quando fanno tesi affascinanti su Internet, sulla segretezza dei dati, sull’importanza positiva o negativa della Rete, su Wikileaks…».



Alcuni mostrano una «capacità garibaldina di buttarsi su argomenti che una volta venivano considerati troppo difficili. L’alta matematica e la meccanica quantistica sono oggi più popolari di quanto non sembri, anche per merito di film su figure emblematiche di scienziati quali John Nash in A beautiful mind o lo Stephen Hawking de La teoria del tutto». E non è vero che questi giovani non siano dotati di capacità critiche. Solo che hanno difficoltà a situare cronologicamente «in modo decente prima e seconda guerra mondiale, ascesa del fascismo, purghe staliniane, guerra di Spagna e, curiosamente, i fatti della nostra storia italica. Ricordo che facendo una lezione su Galileo e l’aristotelico Cesare Cremonini, qualcuno mi chiese se Cremonini fosse ‘quello che canta’».



LUOGHI COMUNI

Il rischio maggiore, forse, è l’obbedienza ai luoghi comuni, ma è un vizio «non solo italiano». Di giovani confusi e spaventati parla la psicoterapeuta Maura Manca, direttrice di “AdoleScienza.it” che raccoglie e affronta online le inquietudini dei ragazzi. «È una generazione spaventata dal futuro e che non ha la grinta per affrontare questa paura, per cui si sente persa». Difficile per loro anche la scelta dell’Università. «A parte chi ha già la strada spianata dalla famiglia, gli altri sono frastornati da troppi indirizzi. Quindi rinviano le decisioni: poi farò, poi vedrò... A volte devono sostenere esami d’ammissione a certi atenei già a febbraio, alcuni vorrebbero lavorare ma non sanno come, altri si smarriscono nella frammentazione universitaria o dicono ‘mi prendo un anno sabbatico’…».



La Facoltà di Psicologia, per esempio, ha 8 diversi indirizzi, ci vuole uno specialista per orientarsi. Ma tutte le forme di orientamento sono basate sul «marketing del vieni da me». Il risultato è la demotivazione, un’incertezza che è «il riflesso della nostra, il frutto di un terrorismo psicologico per cui c’è crisi, non c’è lavoro, si può solo andare all’estero». Il paradosso è che questi giovani così “maturi” e avvezzi a Internet, quando vanno su Google per digitare le loro idee di lavoro e futuro, non riescono più a districarsi.
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