Manfred Weber​: «Tempo di costruire ponti, escludo però la Lega nel Ppe»

Manfred Weber : «Tempo di costruire ponti, escludo però la Lega nel Ppe»
di Stefania Piras
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Giovedì 28 Giugno 2018, 00:21 - Ultimo aggiornamento: 19:25
Il Consiglio europeo, ma soprattutto le prossime elezioni europee sono due momenti in cui il peso specifico dei sovranisti si sentirà prima, e potrebbe ridisegnare, poi, il perimetro dei gruppi parlamentari. Nel Ppe guardano senza pregiudizi al gruppo di Visegrad ma escludono categoricamente un allargamento italiano alla Lega di Matteo Salvini: «È fuori questione», risponde il leader dei Popolari Manfred Weber. Quanto alle posizioni di Viktor Orban e, appunto, dei paesi di Visegrad - assenti all’ultimo vertice di Bruxelles - dice: «Questo è il momento di costruire ponti e trovare compromessi. Questo è il compito del Ppe».

Presidente, sui migranti lei ha affermato di volere un «approccio serio e umano, lontano dai populisti». Può spiegarci meglio? 
«Il Ppe sostiene un approccio equilibrato: controllare e proteggere le nostre frontiere esterne da un lato, accogliere chi ha davvero bisogno del nostro aiuto dall’altro, quindi non i migranti economici, vista la disoccupazione che sta colpendo i cittadini europei. I populisti di sinistra parlano solamente di accogliere tutti. I populisti di destra vogliono soltanto bloccare i migranti e dimenticano completamente il nostro dovere umanitario. Abbiamo bisogno di rendere i controlli alle nostre frontiere assolutamente efficienti. Ecco perché vogliamo che Frontex sia rafforzata con 10 000 agenti. La decisione se i migranti hanno diritto d’asilo o no, dovrebbe essere presa nel migliore dei casi prima di entrare nel territorio Ue. Ed è il modo migliore per fermare i trafficanti». 

Cosa pensa del documento presentato dal premier Conte? 
«Riconduce esplicitamente alle posizioni che il Ppe e che il Parlamento europeo ha votato nel novembre 2017 - come l’idea di intensificare i contatti con i paesi di origine, la creazione di hotspots in Africa, il rafforzamento delle frontiere esterne, la lotta contro i trafficanti o il fatto che Italia, Grecia e Spagna non possono essere lasciate sole».

Cosa accadrà di diverso in questo Consiglio europeo?  
«Mi rivolgo a tutti i Capi di stato e di governo dell’Ue affinché compiano passi concreti per quanto riguarda il controllo delle frontiere esterne, a partire da più mezzi finanziari e umani per Frontex. Il Consiglio di oggi potrebbe anche fare un’offerta concreta ai paesi nord-africani affinché questi paesi cooperino concretamente con noi».

Sugli Accordi di Minsk e le sanzioni alla Russia? 
«Vogliamo chiarezza e un’indagine indipendente sull’abbattimento del volo MH17. Ribadiamo la nostra più ferma condanna dell’annessione illegale della Russia della penisola di Crimea e del suo sostegno ai militanti nell’Ucraina orientale. Non possiamo tollerare che la leadership russa stia usando la forza militare per raggiungere obiettivi politici».

Il vicepremier Di Maio ha cominciato a parlare di dazi anche in Italia. Cosa significa per l’Ue? 
«Non vogliamo una guerra commerciale con gli Stati Uniti poiché ciò può finire solo in una situazione svantaggiosa per entrambe le parti. Ma se le imprese europee e i posti di lavoro europei sono attaccati, allora dobbiamo difendere noi stessi. Pertanto sostengo pienamente l’approccio della Commissione europea a mantenere il dialogo con gli Stati Uniti, rendendo però, allo stesso tempo, chiaro che reagiremo se siamo sotto attacco».

In vista delle elezioni del 2019 potrebbe cambiare il vostro rapporto con Orban e i paesi di Visegrad? 
«L’Europa deve rimanere unita. Altrimenti il nostro continente è destinato a confondersi e perdersi in un mondo sempre più globalizzato».

I sovranisti contestano la globalizzazione infatti e alle prossime elezioni potrebbero far pesare interessi nazionali e no continentali. 
«Per i prossimi anni rimarrà cruciale il nostro patrimonio di valori comuni europei e ci batteremo perché continui a esistere un modo di vivere, di essere e legiferare europeo».

Ma come far convivere nel Ppe partiti come l’europeista Cdu e quello di Orban, cosa ne sarà del futuro del Ppe?
«Il Ppe è una grande famiglia politica e, in un grande partito, ci saranno sempre rappresentanti di diverse ali, quella più liberale, quelle più centriste e quelle più conservatrici. Ciò che ci unisce è più forte di ciò che ci divide. Nel Ppe la disciplina di voto è molto forte. Per me sarebbe un errore dividere i cittadini europei in “buoni” e “cattivi” europei. In Europa deve essere consentito difendere una posizione che non è condivisa dalla maggioranza degli altri leader. Ma in un modo che tenga conto di ciò che abbiamo realizzato finora. Siamo disposti a collaborare con il governo italiano in uno spirito di apertura per trovare soluzioni europee alle nostre sfide comuni». 

Con queste premesse, potreste aprire le porte anche alla Lega italiana?
«No. Ce la Lega aderisca al Ppe è fuori questione. Abbiamo già degli italiani di provata fede europeista con noi e sono Forza Italia e Udc».
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