Il killer di American sniper: si apre il processo all’assassino di Chris Kyle, il cecchino che ha ispirato il film di Clint Eastwood

Il killer di American sniper: si apre il processo all’assassino di Chris Kyle, il cecchino che ha ispirato il film di Clint Eastwood
di Flavio Pompetti
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Mercoledì 11 Febbraio 2015, 23:27 - Ultimo aggiornamento: 13 Febbraio, 10:41
NEW YORK American Sniper: il sequel. Il film di Clint Eastwood è in piena programmazione nei cinema del mondo e registra ogni settimana nuovi record d'incassi. Ed ecco che nell'anonimato della periferia di Stephenville, Texas, va già in scena la seconda parte della storia, quella che il film non mostra, ma che racconta solo con una didascalia e poche immagini prima dei titoli di coda. Il tribunale del villaggio a sud ovest di Dallas ha aperto ieri il processo contro Eddie Ray Routh, l'ex militare che ha ucciso in un poligono di tiro l'eroe celebrato sullo schermo: il cecchino Chris Kyle, il «diavolo di Ramadi» come lo chiamavano i nemici contro i quali aveva combattuto per anni in Iraq.



Eastwood è stato accusato da una parte della critica di aver dato una lettura in bianco e nero alla vicenda, priva delle tante sfumature che circondano la figura di un tiratore scelto, il cui compito è quello di uccidere a distanza senza essere visto dal nemico. Da una parte l'eroe scintillante, guardaspalle dei suoi commilitoni e arbitro della vita altrui nel nome della rigida razionalità della guerra; dall'altra il nemico cattivo, insidioso perché imprevedibile e sconosciuto. Un paradigma antico, che nella cultura americana ha accompagnato l'epopea della frontiera, dallo sterminio degli indiani a quello dei bisonti. Il processo promette invece di analizzare le sfaccettature che questa vicenda implica, a partire da quella centrale della sanità mentale in rapporto alla guerra.





IL DIAVOLO

Kyle è stato uno dei migliori cecchini che l'esercito americano abbia mai avuto. L'appellativo di Diavolo di Ramadi l'ha guadagnato fin dal primo turno di dislocamento in Iraq, quando le milizie sciite misero una taglia di 21.000 dollari sulla sua testa, salita in seguito fino a 80.000 dollari. In Iraq è stato in totale quattro volte, e ha accumulato un carnet di 255 bersagli colpiti (il Pentagono che richiede la testimonianza oculare di altri soldati ne ha certificati 160), tra cui un abbattimento con un solo colpo, alla distanza di quasi due chilometri. Poi un giorno nel bel mezzo di un'azione ha chiamato la moglie Taya e le ha detto che il suo compito era finito, e che sarebbe tornato a casa. Il ritorno è stato festoso: Kyle era un eroe nazionale, ospite frequente della televisione e autore di una ricca biografia. Nessuno ha obiettato seriamente la moralità del lavoro che aveva svolto per il suo paese, argomento difficile da sostenere d'altronde, in tempi di uso massiccio dei droni nei teatri di guerra.



Nell'angolo di Texas nel quale viveva, Kyle era osannato dalla comunità. Ma come per tanti reduci, la guerra aveva scavato nella sua mente vuoti minacciosi, e il reinserimento in famiglia con la moglie e i due figli non era facile. I dottori del centro militare gli avevano consigliato di dedicarsi alla cura di altri ex soldati che mostravano segni anche più gravi dei suoi di stress post traumatico. Negli Usa questi pazienti sono ormai 300.000, e nelle prigioni un recluso su dieci è un ex militare di ritorno dalla guerra.



IL RAPTUS

Quel giorno di febbraio del 2013 Kyle era al poligono insieme all'amico Chad Littlefield per aiutare uno sconosciuto ex commilitone a uscire dalla crisi mentale esercitandosi a sparare. Una terapia proponibile solo nella armatissima America, e anche qui poco comprensibile per molti. Il giovane malato, Eddie Ray Routh, ha usato le due pistole che aveva in mano per ammazzare alle spalle con cinque colpi i due «terapisti», e poi è scappato rubando il pick-up di Kyle.



I suoi legali cercheranno di dimostrare nelle prossime due settimane che Routh ha agito in stato di infermità mentale. L'ex marine in realtà era stato risparmiato dalla violenza del combattimento. Ha servito per quattro anni, due dei quali era di stanza ad Haiti e si occupava della manutenzione delle armi di ordinanza. Poi è arrivato anche lui in Iraq, ma apparentemente anche qui non ha mai partecipato ad un'azione armata. Eppure la sindrome del Ptsd lo aveva colpito con durezza. Routh aveva espresso più volte prima del giorno del duplice omicidio la volontà di togliersi la vita. Beveva molto, fumava spesso marijuana, ed è stato coinvolto in episodi di violenza domestica e di crudeltà nei confronti di animali.



Che cosa lo ha spinto davvero a sparare alle spalle contro un soldato che aveva difeso tante volte le vite dei suoi compagni? Dove inizia la follia della guerra, e dove finisce di fronte alla legge dei civili?

A queste domande cercheranno di rispondere dieci donne e due uomini della giuria popolare di Stephenville, selezionati tra l'altro perché erano tra i pochi a non aver ancora visto il film American Sniper.
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