Thatcher e il killer fantasma

Thatcher e il killer fantasma
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Domenica 21 Settembre 2014, 05:58
IL CASO
Quando la realtà spesso supera la fiction per poi decidere di farsi a sua volta sorpassare da quest'ultima. E' il caso di L'assassinio di Margaret Thatcher, 6 agosto 1983, l'ultima grande “illuminazione” della scrittrice inglese Hilary Mantel, Booker Prize nel 2009 con Wolf Hall e ancora nel 2012 con Bring Up the Bodies, la prima donna ad essere stata insignita due volte del prestigioso premio.
La storia immaginata dalla Mantel, che dà il titolo ad un volume di racconti che sarà nelle librerie dal 30 settembre in Inghilterra, in qualche modo lascia libero sfogo alla nota antipatia della scrittrice nei confronti della Lady di ferro e sembra quasi andare a rendere giustizia a ciò che la Mantel ha sempre professato nei confronti della Thatcher: «Era un'antifemminista. Quando penso a lei posso ancora sentire ribollere un certo odio. Ha fatto danni irreparabili alla nazione» ha confessato in un'intervista al Guardian.
E proprio “The Guardian” venerdì scorso ha ospitato per intero il suo racconto, dopo il fallito tentativo da parte del “Daily Telegraph” che sembra sarebbe stato disposto a pagare decine di migliaia di sterline per avere l'esclusiva prima che il suo editore, Ian McGregor, si rendesse conto della “pericolosità” del contenuto per i suoi lettori conservatori.
Cosa racconta la Mantel? La storia di L'assassinio di Margaret Thatcher nasce da un fatto realmente accaduto alla scrittrice il 6 agosto del 1983: «Ero seduta davanti alla finestra del mio appartamento in Windsor Street che affaccia davanti ad un ospedale privato in Clarence Road: nel cortile vedo la signora Thatcher senza alcuna guardia del corpo». L'ex primo ministro britannico, scoprirà la Mantel, era stata ricoverata lì per una operazione agli occhi: «Tesi pollice e indice della mia mano come se impugnassi una pistola - racconta ancora - e pensai; se ora qui non ci fossi io ma qualcun altro con brutte intenzioni, la Thatcher sarebbe già stecchita».
FICTION
Da qui parte la fiction del racconto, nel quale si immagina che una donna benestante sia in attesa, proprio in quell'appartamento, dell'arrivo dell'idraulico. In realtà si tratterà di un assassino, probabilmente dell'Ira, che vuole sfruttare quel punto strategico per far fuori la Lady di ferro: «La stanza era piena di luce - si legge nel racconto - e ora lo potevo vedere chiaramente: era un uomo tarchiato, sui trent'anni, trasandato, con un viso tondo simpatico e capelli indisciplinati. Scaricò la sua borsa sul tavolo e si tolse la giacca...».
In qualche modo, scrive il Guardian, in L'assassinio di Margareth Thatcher, Hilary Mantel vince lì dove i terroristi fallirono: «Non ho mai votato per lei - ammette la scrittrice - ma riconosco che sia stata un vero fenomeno. Come cittadina ho sofferto per la sua politica, come scrittrice ne ho tratto grande ispirazione». Il perché abbia impiegato oltre trent'anni per scrivere il suo racconto, lo spiega così: «Non riuscivo a trovare il modo di mettere d'accordo tanti personaggi. Dovevo esaminarli attentamente». E nega di aver aspettato la morte della Thatcher per pubblicare il suo racconto: «Si è trattato soltanto di un fatto “tecnico” di scrittura, non di una delicatezza nei suoi confronti».
TRILOGIA
Il racconto arriva come una “pausa” dall'impegnativa trilogia della Mantel su Thomas Cromwell e l'epoca di Enrico VIII, prima con Wolf Hall del 2009 poi con Bring Up the Bodies del 2012 e la scrittrice nell'intervista al Guardian conferma la sua intenzione di pubblicare la terza parte, The Mirror and the Night, nel 2015. Già nel gennaio scorso era trapelata la notizia di un libro della Mantel sulla Thatcher, ma i rumors erano stati messi a tacere immediatamente, probabilmente per lo scandalo mediatico che la scrittrice suscitò già un anno fa quando impallinò Kate Middleton, la Duchessa di Cambridge che era in attesa del suo primo figlio, George: «Kate è una bambola snodata col sorriso di plastica, un manichino in vetrina, una signora senza personalità, una donna con un corpo dolorosamente sottile, una Barbie costruita e disegnata a tavolino a uso e consumo della famiglia reale» scrisse la Mantel e scatenò il putiferio.
D'altronde l'autrice di Wolf Hall è sempre stata una paladina delle campagne femministe, il suo sguardo attento alle nuove sfide della donna di oggi. E in quest'ottica, anche parlando della Thatcher, non è affatto tenera: «Credo che fosse l'ultima persona al mondo in grado di esaminare la sua vita interiore. L'idea che le donne debbano imitare gli uomini per avere successo - dice la Mantel - è assolutamente antifemminista». E chiude: «Credo che la Thatcher non fosse una donna ma “psicologicamente” un travestito».
Leonardo Jattarelli
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