Il direttore Grifasi: «400 artisti da 20 Paesi, la speranza di RomaEuropa»

La coreografia di Sasha Waltz per il Festival RomaEuropa
di Simona Antonucci
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Martedì 21 Aprile 2020, 07:00 - Ultimo aggiornamento: 14:29

L’inaugurazione con una piramide umana di quaranta metri. Trenta acrobati della compagnia XY che intrecciandosi gli uni con gli altri formeranno un corpo alto cinque metri. E poi spettacoli per due mesi (dal 23 settembre al 22 novembre) con quattrocento artisti in arrivo da 20 Paesi diversi, al Parco della Musica e al Teatro Argentina, alla Pelanda e al Palaexpo, istituti di cultura, sale da concerto, spazi museali: in tutta la città.

 

 


Max Richter con un ensemble e la Finnish Baroque Orchestra di una trentina di elementi, Dada Masilo con la sua compagnia sudafricana, Sasha Waltz dalla Germania, e titoli per bambini con clown, mimi... Non è né un déjà vu, né un’anticipazione del cartellone del 2021, ma la presentazione del nuovo Festival di RomaEuropa che a fine estate 2020, potrebbe andare in scena, «adeguandoci alle norme di sicurezza», spiega il direttore artistico Fabrizio Grifasi.

«Il cartellone è stato pensato prima dell’epidemia del Covid 19», aggiunge, «ma abbiamo scelto di presentarlo invariato perché per noi è importante lanciare un segnale di speranza e di responsabilità. Fatte salve le condizioni che riguardano la sicurezza di tutti, vogliamo partecipare alla ripartenza».

«Non sappiamo», continua Grifasi, «se e come riusciremo ad accogliere e presentare quest’anno tutti i progetti e gli spettacoli previsti, ma questa è per noi anche l’occasione per impegnarci a lavorare sin da subito al fine di garantire, dove possibile, un orizzonte alternativo nell’immediato futuro e di certezza per il prossimo anno».

Dopo l’opening affidato a Möbius, della Compagnie XY insieme al coreografo Rachid Ouramdane, la danza internazionale è rappresentata da Lloyd Newson, fondatore dei DV8, il Ballet Rambert, nel riallestimento dello spettacolo culto Enter Achilles, Hofesh Shechter con la sua Shechter II per l’esclusivo riallestimento live di Political Mother, Dada Masilo con The Sacrifice, Emanuel Gat, Olivier Dubois con Itmahrag (tutte coproduzioni del REf20), Sasha Waltz con il suo Allee Der Kosmonauten, Virgilio Sieni, Enzo Cosimi.

Protagonisti del grande teatro internazionale sono Milo Rau e il suo Familie, Ersan Mondtag con De Living, Bashar Murkus e Khasabi Theatre con The Museum e Hash, Alexander Zeldin con Love e Arkadi Zaides con Talos e Necrepolis. Per il teatro italiano: Filippo Andreatta, Bartolini/Baronio, Elvira Frosini e Daniele Timpano, Muta Imago. Alla sezione Anni Luce il compito di presentare la più giovane scena italiana.

Per la musica contemporanea sfileranno, invece, Max Richter di ritorno dopo sette anni di assenza dai palcoscenici italiani con due dei suoi più grandi successi The Blue Notebook e Vivaldi Recomposed eseguiti dal Max Richter Ensemble e dalla Finnish Baroque Orchestra in un live in corealizzazione con l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia; Wim Mertens con il suo Inescapable Tour nato in occasione dei suoi quarant’anni di carriera; Bryce Dessner di ritorno al REf per un doppio appuntamento al fianco di Katia e Marielle Labèque e dell’ensemble di percussionisti BlowUp. Robert Henke con un nuovo live costruito con i Commodore degli anni Ottanta. Non mancherà Digitalive, dedicata alle culture digitali. E la sezione REf Kids & Family con spettacoli di teatro, musica, danza e nuovo circo dedicati ai bambini e alle loro famiglie.

Direttore Grifasi, ha pensato alla difficoltà, o forse impossibilità di far viaggiare artisti da 20 Paesi diversi?
«Osserveremo i protocolli internazionali. In estate si saprà quando e come verranno riaperte le frontiere. E se in autunno non dovesse avvenire apporteremo i cambiamenti necessari».

Esiste un piano b con artisti made in italy?
«Siamo pronti a trasformare il festival. E anche a rinunciarci. Ma intanto lavoriamo con i teatri per creare le condizioni che si possa andare in scena».

Aprire il sipario con un terzo degli spettatori può rappresentare un problema economico?
«Sì, ma ridurre la capienza dei teatri sarà probabilmente necessario. Il pubblico che non riesce a partecipare dal vivo, potrà seguire in streaming. A pagamento. Nel frattempo stiamo lavorando a una programmazione online con il materiali dell’archivio della Fondazione. In condizioni di sicurezza, la cultura deve ripartire».

Quest’anno avete dato più spazio alle creazioni italiane? Per necessità o solidarietà?
«La proporzione con gli stranieri è la stessa. Siamo un festival internazionale. Ma da sempre abbiamo una sezione dedicata alle formazioni italiane e soprattutto romane».

RomaEuropa, manifestazione “nomade” si appoggia a sale di altre fondazioni con cui esistono convenzioni decennali. Quest’anno è stato più complicato rinnovare le ospitalità?
«I nostri problemi sono gli stessi delle altre istituzioni culturali. Ci adegueremo tutti insieme».

Nessuno spettacolo è stato pensato ad hoc?
«Le programmazioni nascono con mesi di anticipo. Ma molti spettacoli sembrano creati apposta. Quello che inaugura è dedicato al tema della fiducia. Una piramide umana può crescere soltanto fidandosi di chi sta accanto a te. Sasha Waltz nella sua coreografia racconta di un gruppo di giovani che poco dopo l’abbattimento del muro di Berlino riflette sul tema dell’isolamento. Attualissimo, perché nessuno ancora sa come ne verremo fuori, noi, dall’isolamento...».

Gli artisti stranieri come hanno risposto alla chiamata? Sorpresi?
«No, commossi».

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